NARRATIVA
La piccola biblioteca con le ali. Di David Whitehouse
Sperling & Kupfer
Bobby non crede che le cose che succedono nei libri possano capitare anche nella vita. Sarà che i pochi romanzi presenti in casa sua sono stati nascosti dal padre in soffitta; o che è passato un bel po’ di tempo da quando sua madre gli raccontava le favole, anche se Bobby ha solo dodici anni. Da quando sua madre è sparita, lui non fa che archiviarne le tracce rimaste. Catalogare e contare: è questo che gli riesce meglio. Fino al giorno in cui incontra Rosa – una ragazzina sola, “diversa” e collezionista come lui – e sua madre, Val, che fa le pulizie in una biblioteca ambulante. È grazie a loro che, in un’estate indimenticabile, Bobby scopre la magia dei romanzi. A bordo della biblioteca, in quello scrigno di storie, Bobby Rosa e Val fuggiranno un giorno, in cerca di salvezza e di una vita migliore. Uniti come una famiglia vera, protagonisti di un’avventura che saranno loro a vivere, giorno per giorno, come in un romanzo di cui non potranno conoscere il finale fino all’ultima pagina.
Al di là del nero. Di Hilary Mantel
Fazi
Nella grigia periferia inglese, dove il cibo è insapore e la vita è offuscata dalla nebbia del disincanto, la corpulenta Alison si guadagna da vivere come medium, contattando i morti durante affollate sedute. La sua assistente è Colette, donna scheletrica dal cuore di pietra, cinica quasi quanto lei e reduce dalla rottura con l’inetto marito. A completare il quadro c’è Morris, fantasma volgare, lascivo e dispettoso, sempre tra i piedi. In un bizzarro viaggio on the road lungo le desolate tangenziali del sudest, i tre si spostano di fiera in fiera, di motel in motel, dando vita a una serie di performance architettate ad hoc per soddisfare i clienti. Alison sa bene come coniugare le sue doti di deduzione psicologica con la credulità del pubblico, eppure non è una ciarlatana: sa leggere davvero nella mente delle persone ed è davvero in contatto con il mondo degli spiriti, il luogo «al di là del nero». Lei stessa è perseguitata dai suoi demoni: inquietanti figure maschili, spauracchi di un passato di cui porta ancora le cicatrici, che s’impadroniscono della sua casa, del suo corpo e della sua anima, e più cerca di liberarsene, più loro acquistano forza e cattiveria… La sapiente penna di Hilary Mantel confeziona un romanzo unico, che scorre tutto lungo quella linea sottile tra paradiso e inferno, veglia e sonno, vita e morte.
Una famiglia decaduta. Di Nikolaj Leskov
Fazi
La nipote della principessa, Vera, raccogliendo le storie sulla nonna che le sono state raccontate nel tempo da varie persone, ma principalmente dalla fedele e affezionata dama di compagnia Olga Fedotovna e da uno straordinario personaggio, Dorimedont “Don Chisciotte” Rogozin, nome che rivela subito la sua vicinanza con Parfen Rogozin da L’idiota di Dostoevskij, racconta l’ascesa della nonna, che dalla piccola nobiltà di provincia entra a far parte di una delle famiglie aristocratiche più in vista di San Pietroburgo. La cronaca inizia nell’anno 1812, in cui il consorte della principessa resta ucciso nella guerra contro Napoleone, e termina nel 1825 con la rivolta dei decabristi. Vedova a meno di trent’anni – ma ancora giovane e bella – la principessa non è interessata a risposarsi, perché lei ha amato e sempre amerà un unico uomo nella sua vita. Si occupa, invece, con grande impegno dell’educazione dei suoi figli, a cui vorrebbe dare un’educazione genuinamente cristiana, e del benessere dei suoi contadini (siamo ancora al tempo della servitù della gleba). Più che far uso di vuoti discorsi fintamente religiosi (come fa la maligna contessa Choteeva, una bigotta odiosa ed egocentrica, che farà di tutto per rovinarle la vita) la principessa agisce con una bontà fuori dal comune che non può però che procurarle un danno dopo l’altro, soprattutto quando si trasferisce dalla campagna a San Pietroburgo ed è costretta a frequentare i salotti delle dame intellettuali. La corruzione della capitale ci viene descritta con un realismo “comico” impressionante. Alla fine la principessa, imbrogliata dal genero, il conte di origine tedesca Funckendorff, che dopo aver chiesto la sua mano, e avendo ricevuto un rifiuto, sposa in alternativa la figlia diciottenne (resa sufficientemente frivola dall’educazione ricevuta nel collegio di San Pietroburgo), perde quasi tutto. I suoi contadini cadono sotto la gestione disumana e crudele dell’amministratore tedesco nominato da Funckendorff.
Fratelli di sangue. Di Ernst Haffner
Fazi
Berlino, primi anni Trenta. La città pullula di adolescenti senzatetto. Alcuni sono orfani, altri sono stati abbandonati dalle proprie famiglie, altri ancora sono fuggiti dagli orfanotrofi e dai riformatori per trovare un senso di appartenenza in una delle molte gang di strada. Quella dei Fratelli di sangue è una di queste, formata da otto minorenni che si aggirano tra i vicoli nei dintorni di Alexanderplatz, vivendo di piccoli furti e prostituzione e costantemente in fuga dalle forze dell’ordine. Uniti da una catena invisibile fatta di regole non scritte, cercano il proprio posto nel mondo e sono avidi di libertà. Insieme a loro ci addentriamo nelle viscere dell’underworld di una Berlino gelida, disperata, affamata: bettole maleodoranti dove la musica imperversa fin dal mattino, teatri abbandonati trasformati in ospizi di fortuna, spettrali luna park dove prostitute bambine si offrono per un paio di giri di giostra. Un universo popolato da vagabondi e vecchi mendicanti, da artisti di strada e suonatori invalidi, da gigolò, borsaioli e spazzaneve, raccontato con il realismo più crudo, senza lasciare spazio a pietismi. Una storia vera e necessaria di amicizia e disperazione, ma soprattutto un profetico documento storico, una testimonianza dell’atmosfera di apocalittica decadenza che dominava la Germania alla vigilia dell’ascesa del nazionalsocialismo.
GIALLI
Le acque torbide di Javel. Di Léo Malet
Fazi
Dicembre è insolitamente mite a Parigi, ma Hortense Demessy non riesce ad assaporarne la dolcezza: Paul, il suo compagno, ex senzatetto e ora operaio metalmeccanico, è scomparso all’improvviso dall’appartamento in rue de la Saïda lasciandola incinta e senza un soldo. Disperata, la donna chiede a Nestor Burma, investigatore privato e noto tombeur de femmes, di ritrovarlo, in nome dell’amicizia che li ha legati in passato. Per Burma la scomparsa di Demessy diventa subito una questione di principio, che lo porterà a vagare per l’intero quartiere, tra lo stabilimento Citroën, il Bal Nègre di rue Blumet, il café di rue Payen e il pont Mirabeau finché non troverà la chiave di questa intricata vicenda in uno squallido bar-pensione gestito da arabi con pochi scrupoli e molte cose da nascondere. Attorno alla misteriosa scomparsa di Paul ruotano tre donne: Zorga-Tinea, la sensitiva di origine maghrebina che esercita nei pressi del Vel’d’Hiv, Wanda, l’enigmatica e bellissima bionda di place de Breteuil, e Jeanne, ventenne dall’atteggiamento spregiudicato che scandalizza l’anima delle case popolari. Ognuna di loro cela un arcano e tutte e tre sono legate da un prezioso oggetto e un inebriante profumo che si confonderà con l’olezzo dei cadaveri e l’odore dei soldi. Tra atmosfere grottesche e inquietanti coincidenze che rivelano ricatti meschini e torbide dinamiche sociali si scatenerà una partita mortale che farà luce sul disagio degli ultimi e irromperà senza pietà negli equilibri della tranquilla borghesia francese.
SAGGISTICA
Il punto cieco. Di Javier Cercas
Guanda
Al centro dei suoi romanzi, osserva Javier Cercas, e di quelli che ammira, c’è sempre un punto cieco, un punto attraverso il quale, in teoria, non si vede nulla. In questi romanzi pulsa una domanda centrale, e lo svolgimento consiste nella ricerca di una risposta a quella domanda. E la risposta è che non c’è risposta, la risposta è la domanda stessa. In altre parole, alla fine della ricerca non c’è una risposta chiara, perché la risposta è sempre ambigua, equivoca, essenzialmente ironica, non sembra nemmeno una risposta; solo il lettore può contribuire a formularla, riempiendo i vuoti con la propria sensibilità e le proprie informazioni.
Il romanzo, insomma, sembra dirci Javier Cercas, non è il genere delle risposte, ma quello delle domande. Questo è il cuore di un libro che spazia da Borges a Kafka, da Melville a Tomasi di Lampedusa, a Vargas Llosa, a Cervantes, offrendoci le intuizioni e le riflessioni di uno dei più geniali scrittori europei (e dei narratori più innovativi) sui meccanismi che governano il romanzo e sul suo carattere duplice ed elusivo.
VARIA
James Bond, Fenomenologia di un mito (post)moderno. A cura di Matteo Pollone
Bietti
«Il mio nome è Bond, James Bond»: frase cult, immutata da Agente 007. Licenza di uccidere a Spectre, ancora oggi tra le più ripetute e amate nella storia del cinema. Pronunciata negli anni da attori molto diversi tra loro – Sean Connery, Roger Moore, Pierce Brosnan fino a Daniel Craig, ultima incarnazione della spia inglese più sexy di sempre – che si sono fatti carico dei diversi portati politici, storici, sociologici e di gender messi in campo di volta in volta dalla saga di 007. Dalla letteratura allo schermo, passando per i videogiochi, l’enogastronomia, le riviste di gossip e la semiotica, la fenomenologia di Bond viene ricostruita attraverso i saggi di studiosi che si interrogano sull’attualità di un mito che continua a rilanciarsi senza perdere in grinta e smalto, alternando vodka martini (agitato, non mescolato) e birra, mai rinunciando ad avere una Bond-girl mozzafiato accanto a sé.
Sfida all’OK Dakar. Di Otello Marcacci
Neo
Dopo il successo di Gobbi come i Pirenei e a grande richiesta dei lettori, Eugenio Bollini torna 10 anni dopo la sua vittoria morale al Tour de France. Paladino dei mediocri e dei gregari della vita, lo ritroviamo accido, imbolsito, arreso, in pieno stallo coniugale, professionale, sportivo e esistenziale, mentre la crisi economica impazza e i 40 anni segnano il cronometro. Tra improbabili terapie di gruppo, sequestri di salme, gare amatoriali al limite della legge, strambi personaggi e loschi traci, accade l’impensabile: l’evento che spingerà Bollini a rimontare in sella per lanciarsi nella più grande e folle corsa che il ciclismo abbia mai conosciuto. Sda all’Ok Dakar è prima di tutto la sda a se stessi, poi a questa giostra che chiamiamo vita. Divertente, commovente, travolgente.