Data di pubbl.: 2024
Pagine: 64
Prezzo: 10 €
Seguire il percorso di un poeta, soprattutto quando il suo cammino si fonda su quel “principio di onestà” che mai si discosta dalle “cause” che hanno dato origine al primissimo verso composto, mostra come l’arte sia prima di tutto un dialogo intimo che, poi, si affaccia sull’abisso del “noi”.
Mostrarsi senza maschera, attraverso la propria scrittura, non è un atto scontato, anzi, oggigiorno è sinonimo di un individualismo che fa leva sulla veloce acclamazione e che è poco incline allo studio, alla contemplazione e alla ricerca solitaria.
Nicola Vacca, invece, conferma che ancora esiste “l’arte per l’arte” e, tramite questi versi, mostra una nuova consapevolezza. “Abbiamo tutti bisogno di un amico fragile” non è solo un omaggio a De André, ma è anche un nuovo capitolo dell’esperienza poetica dell’autore e critico letterario pugliese.
De André è l’inizio di un tragitto che non è solo demolizione, nichilismo fine a sé stesso, abbaglio o disinibito grido d’allarme; tale percorso ha origine da un “punto e a capo”. Vacca prende atto dello sfacelo, dichiara che “senza amore si è finiti”, riconosce la sua debolezza come individuo e si immerge nell’umanità.
C’è un chiodo storto nel cuore/per tutti i piani inclinati della vita/è sufficiente un minuto di lucidità/per abbracciarsi in un inferno terrestre./Si barcolla ma prima di cadere/l’amore può donarci un colpo di fulmine
“Tutti” aspirano a qualcosa che non sia solo composto di materia; “tutti” nascono e muoiono quotidianamente nelle loro bassezze; ma “tutti” hanno il dovere di uscire dal proprio guscio e di abbandonare la propria tiepidezza.
Il De André di Vacca è il poeta degli ultimi, il cantautore degli anarchici, il menestrello della rivolta. È l’amico che canta la libertà, anche se nessuno, forse nemmeno lui, è mai riuscito a capire cosa sia. È la malinconia per gli ideali perduti, per le speranze riversate nei moti sinceri del cuore e che si sono spenti, per tutto ciò che avrebbe potuto essere e che mai più sarà.
Vacca si riconosce in De André, tutto qui; il resto è la sua poesia, la sua nuova consapevolezza, la sua letteratura ricca di perplessità ma anche di laboriosa speranza, che consiste nella lotta, nella resistenza, nel non aderire e nel sabotare.
La sua parola è tagliente, come sempre; ma non è più lama di coltello, bensì punta di diamante. Di fronte a nulla si può fermare la poesia, perché ogni volta che si dice “no” si prende atto che bisogna “operare” per il cambiamento.
Cercare un bacio/dove le bocche sono chiuse/chiedere ascolto/dove parole vomitano parole./Il mondo è una latrina/il marcio ce lo portiamo addosso/scaviamo trincee per una guerra/tutti perdiamo mentre ci crediamo vincitori./Nelle feritoie della notte/imprechiamo un bisogno d’amore./Abbiamo tutti bisogno di un amico fragile/che ad alta voce ci dica la verità.
“Abbiamo tutti bisogno di un amico fragile” è quindi un atto di insubordinazione necessario, che forse morirà sul nascere, ma che la poesia renderà immortale fin dal primo vagito.