Abbasso i bulli. Come guarire prepotenti e vittime – Ada e Carlotta Fonzi

Titolo: Abbasso i bulli. Come guarire prepotenti e vittime
Autore: Fonzi Ada, Fonzi Carlotta
Genere: Attualità, Psicologia & affini, Saggi
Pagine: 135
Prezzo: 14.00€

 

“L’adolescenza è come un cactus” di Anais Nin

Chi di noi ripensando alla propria adolescenza non condivide la frase della Nin? Indecisione, dubbi, dilemmi esistenziali e confusione, ecco i tratti che probabilmente, più o meno a seconda dei soggetti, caratterizzano questo periodo della vita. Ci sono, però, fenomeni che segnano maggiormente un’esistenza, come il bullismo ad esempio, che a quell’età sembra davvero un problema insormontabile.

Michele è un ragazzo che comincia a vivere momenti di solitudine, tristezza e agitazione. Ogni mattina è la stessa storia, sembra quasi che provi un senso di repulsione verso la scuola. I suoi genitori sono molto attenti a lui e ai suoi comportamenti e si accorgono ben presto dell’esistenza di un problema, cosa che invece gli insegnanti sembrano un po’ sottovalutare. Nonostante le pressioni dei genitori per identificarne l’origine, il ragazzo resta chiuso nei suoi sentimenti. Arriva però il momento in cui protagonista decide di parlare, e tutto è subito chiaro. La famiglia si confronta con l’istituzione scolastica che si affretta ad indagare su questa situazione nella classe di Michele, affiancando una psicologa per alcune ore la settimana.

“A distanza di anni penso che per me quell’esperienza abbia costituito un punto di svolta fondamentale. Per la prima volta ho provato non solo rabbia e risentimento ma anche dolore, umiliazione e tristezza…. Forse se non avessi esagerato nel tiranneggiare gli altri questi non mi si sarebbero rivoltati contro e soprattutto non mi avrebbero deriso per quel mio difetto fisico. … In fondo chi è potente può anche suscitare invidia e ammirazione, ma chi guarda storto no, chi guarda storto è diverso e basta” pag. 53

A riflettere in questi termini è il padre di Michele, che ironia della sorte, o pedagogia del racconto, a suo tempo era il bulletto della classe, nonostante fosse un soggetto caratterizzato da strabismo, o forse proprio questo suo “difetto” l’ha portato ad arrogarsi diritti sugli altri che certamente non gli spettavano. La voce narrante si interroga sul suo comportamento, inizialmente quasi chiedendosi come suo figlio possa essere passato dall’altra parte della barricata, dalla parte delle vittime quando lui in effetti si comportava da carnefice. Tutto ciò fa scaturire una serie di rimorsi e sensi di colpa che portano il genitore al pentimento e forse ad una maggior comprensione e consapevolezza dei disagi vissuti da Michele.

Il libro di Ada e Carlotta Fonzi, rispettivamente madre e figlia, si colloca a metà tra saggio e romanzo e credo che sia la formula migliore per affrontare questo dibattito in letteratura. Molto scorrevole e dettagliato,  il testo ha la capacità di parlare di un tema delicato attraverso le emozioni dei protagonisti. E’ senz’altro questa la strada più giusta per capire le sensazioni e i sentimenti che si possono provare, per  arrivare a comprendere e risolvere un problema, soprattutto se simile a quello trattato.  Tutti i genitori e i docenti dovrebbero, a mio avviso,  leggere questo libro.

“E’ grazie a Michele che sto cominciando a riconoscere ed accettare una parte del mio passato che avevo rimosso, un buco nero che mi ha influenzato e danneggiato. Senza la sua spinta non penso che mi sarei mai imbarcato in questo percorso a ritroso” pag. 88

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Riccardo Barbagallo

Lavoro da qualche anno nell'editoria, mi occupo di comunicazione per editori e autori e sono un digital addicted. Al contrario di altri, non mi posso definire un lettore da sempre, 'La coscienza di Zeno' in prima media è stato un trauma troppo forte da superare per proseguire serenamente la relazione con la lettura. Più avanti ho deciso di leggere un libro per piacere, e non per obbligo, ed è stato lì che ho capito quale sia la vera forza della lettura: la capacità di emozionare. Credo che sia questo il segreto, se così possiamo definirlo. Non ho più smesso.

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