“Quello che hai amato” in libreria dall’ 8 settembre per UTET è un’antologia di racconti inediti proposta dalla curatrice Violetta Bellocchio che ha sinergicamente unito undici anime di donne (compresa la sua) per rappresentare ciascuna in base alle sue esperienze vissute il rapporto con l’amore nel senso più profondo del suo significato (“che cosa ti piace? Che cosa ti muove? A cosa scegli di dare importanza? Che cosa ti spinge a cambiare o a stabilire una tregua con una parte di te?”).
Incontro Violetta Bellocchio fuori dal locale UPCYCLE, contesto simpatico e insolito di impronta nord europea in centro a Milano, e immediatamente mi racconta un aneddoto: “Sai appena ho concluso il libro ho sognato Raffaella Ferrè” (una delle autrici). Si capisce immediatamente dai suoi occhi brillanti quanto tenga a questo nuovo lavoro.
Violetta Bellocchio descrive come sia nato questo progetto e con quale criterio siano state scelte le sue collaboratrici, il libro è nato dalla rete, più esattamente dal suo sito www.abbiamoleprove.com (nel 2014 ha vinto come miglior sito letterario alla festa della rete di Rimini).
Violetta Bellocchio cerca di dare importanza alle diverse esperienze di vita delle sue collaboratrici che descrivono sentimenti ed emozioni tipiche della natura umana, momenti di vita vissuta che si trovano nelle pagine ben scritte, donne che accendono un faro su un particolare momento del loro passato.
“I due terzi delle autrici non si conoscevano tra loro prima di questo progetto” precisa la Bellocchio e sorride, tramite la rete è possibile scoprire talenti emergenti prima di conoscerli di persona.
Violetta Bellocchio tiene le redini del dibattito e stimola le due autrici presenti all’incontro, Giuliana Altamura e Carolina Crespi, a dare delle chiavi di interpretazione dei loro pezzi.
A questo punto del dibattito ho ritenuto fondamentale capire quanto ci fosse di loro stesse nel libro, con onestà e verità. Le risposte ottenute mi hanno convinto dell’autenticità di quanto raccontato.
In particolare mi ha colpito la discrasia tra un episodio cruente raccontato da Altamura in contrasto con lo scenario monotono e ripetitivo dell’ambiente di vita da cui proviene (periferia di Bari), mentre per quanto riguarda il racconto della Crespi ho rilevato l’originalità stilistica dovuta all’intreccio di varie situazioni descritte. Violetta Bellocchio aggiunge un’ulteriore aneddoto legato al suo pezzo: “ero ad una cena e parlando con gli amici di cosa ci faceva paura io ho risposto che la mia paura più grande è che qualcuno entri in casa mia forzando la porta o la finestra, gli altri mi hanno guardata meravigliata come se una persona non potesse avere quel genere di timori…”
Violetta Bellocchio specifica nell’introduzione che: “scrivere in prima persona è una forma di liberazione” ed è questo che effettivamente emerge, raccontare agli altri qualcosa di se stessi ci porta a non sentirci soli e condividere con gli altri non solo lo stesso sesso di appartenenza, ma lo stesso amore per il proprio lavoro.