A tu per tu con…. Vincenzo Monfrecola

Vincenzo Monfrecola, 50 anni, giornalista napoletano, ha collaborato con «Napolinotte», il «Roma» e l’«Avanti!» ed è stato responsabile della sede di Londra dell’Osservatorio sui Beni Culturali, Faldbac Trade Union. Attualmente lavora per il Ministero per i Beni e le Attività Culturali occupandosi del restauro di libri antichi. «Il Decisionista» è il suo felicissimo esordio. Per Cavallo di Ferro editore è recentemente uscito “Lo strano furto di Savile Row”, che presenterà domani martedì 9 ottobre alle ore 18 alla Feltrinelli di via Babuino a Roma, noi l’abbiamo raggiunto e gli abbiamo rivolto qualche domanda.

Al termine dell’opera, nei Ringraziamenti , racconta come l’idea del romanzo le sia venuta a seguito dell’incontro con il sarto italiano Michele De Vito al quale dedica il libro , come mai tra i tanti incontri che ha fatto e le innumerevoli storie che ha ascoltato proprio questa l’ha affascinata al punto da ispirarle un romanzo?

Quando chiedevano a Somerset Maughan, uno dei più grandi scrittori del ‘900, dove trovasse le storie per i suoi romanzi, rispondeva che non era lui a trovarle ma erano queste ultime a cercarlo. Io credo che tutti noi, ogni giorno, ci incrociamo con storie, episodi e circostanze che in realtà possono dare spunto a racconti fantastici. Il problema è che spesso questi momenti non riusciamo a riconoscerli perché non ci soffermiamo più sulle piccole cose. Lo strano furto di Savile Row nasce da uno di questi momenti. Se riflettiamo, cosa potrebbe esserci di straordinario in una scatola di cartone con gli effetti personali di un sarto? Se poi da una lettera e da una foto escono fuori delle emozioni ecco che il racconto prende corpo.

Sempre nei Ringraziamenti definisce la storia di Michele De Vito “ tanto incredibilmente inverosimile quanto per taluni aspetti profondamente reale”  quali elementi la connotano in questi due opposti sensi?

L’inverosimile e il reale del romanzo non possono essere circoscritti in una frase o in un particolare comportamento dei personaggi. In realtà è buona parte della personalità di Michele che si trasferisce nel romanzo. E’ come se la sua vita scendesse in campo per raccontarsi e, laddove non abbiamo elementi di conoscenza, allora entra in gioco la fantasia.

 Qual è l’impalcatura reale e quale quella fantasiosa del romanzo?

L’impalcatura reale è rappresentata dai sentimenti, quella “fantasiosa” dagli effetti che generano quegli stessi sentimenti. Un esempio? Maud, molto realisticamente, può essere gelosa del marito ma, ovviamente, sarebbe stato poco probabile che l’effetto della gelosia le avesse consentito di prendere il posto di giornalista. Altro esempio? Realisticamente Eliodoro avrebbe potuto avere ambizioni giornalistiche. Improbabile che tali ambizioni fossero sufficienti a trovare qualcuno disposto a creare un giornale e ad affidargli la direzione.

Spesso descrive ambienti, scene  di vita, luoghi( ad esempio fa una bella descrizione di Little Italy)  sono tutte descrizioni veritiere seguito di studi e documentazione?

Gran parte delle scene del romanzo sono documentate attraverso giornali d’epoca oppure attraverso rari filmati d’archivio (come la sfilata delle suffragette in bianco) oppure attraverso studi specifici. Tutte le strade descritte sono state visionate e, per cercare di dare realismo agli eventi, molti percorsi fatti dai personaggi sono stati fatti anche da me (volevo provare le stesse sensazioni di Maud, Eliodoro, Peter e tutti gli altri, posare lo sguardo dove lo avrebbero posato loro). Per quanto riguarda Little Italy c’è da dire che, diversamente dalla più nota Little Italy di New York, quella inglese era poco conosciuta perché il fenomeno dell’immigrazione in Gran Bretagna oltre ad essere stato molto più ridotto, era nato in modo differente, ovvero i primi immigrati più che poveracci erano operai specializzati soprattutto in strumenti di precisione e provenivano dal nord Italia. I poveracci arriveranno, poi, con la seconda ondata.

Il personaggio di Eliodoro Rivabella così “puro”, ingenuo, buono, quasi “luminoso” si ispira a Michele De Vito, a lei o a una sua idea di uomo ? La scelta del nome, piuttosto particolare, che evoca un po’ la “luminosità” del personaggio è casuale o ha una precisa motivazione?

Per il nome ne volevo uno che rimanesse impresso nel lettore. La scelta è caduta sul mio maestro di tennis che tutti chiamiamo Elios e che, casualmente, ho appurato essere un diminutivo di Eliodoro. Nome perfetto per il personaggio che volevo rappresentare. In quanto al carattere di Eliodoro, premetto che ritengo inevitabile che uno scrittore alla fine possa metterci del suo in ogni personaggio. Quindi non posso negare che un po’ di me c’è in tutti i personaggi anche se ho cercato con tutto me stesso di non essere coinvolto perché, in fin dei conti, non era dei miei sentimenti che dovevo parlare.

Il romanzo è tutto un concatenarsi di azioni di alcuni personaggi interpretate in modo equivoco dalle persone circostanti :è un espediente per inserire momenti di humor o c’è anche l’intenzione di sottolineare quanto possa diventare alle volte assurda la nostra società nel cercare ragioni assurde o complotti dietro i più semplici comportamenti umani?

In realtà, quando ho scritto Lo strano furto di Savile Row, non era nelle mie intenzioni lanciare messaggi sociali e neanche portare il lettore su un terreno interpretativo. Volevo solo raccontare una storia. Però, talvolta, non si sa come le storie si evolvono ed è successo che alla fine mi sono ritrovato coinvolto in situazioni ed equivoci, più o meno assurdi, che si innescavano da soli, come un vero e proprio effetto domino. Se vogliamo, un po’ come avviene oggi.

Come mai sceglie di ambientare la vicenda nella Londra del 1910? Perché dava adito all’inserimento di eventi reali come il passaggio della cometa di Halley , i cortei delle suffragette, lo scherzo ai danni della Royal Navy , cui partecipò anche una giovane Virginia Woolf, visto che la nascita di Michele De Vito si colloca circa un decennio dopo questa data?

Il 1910 mi sembrava un’epoca molto appropriata. Siamo quasi alla fine della Belle Epoque, un periodo di speranze e di aspettative in cui le invenzioni, le conquiste della scienza, della medicina e le consapevolezze sociali innescarono nella popolazione un diffuso senso di ottimismo che avrebbe portato pace e benessere. Tra l’altro questa consapevolezza la possiamo cogliere soprattutto in Maud, Honey, Faustina, Doreen ed Emma quando annunciano che senza le scuse della polizia preferiscono rimanere in prigione. Ovviamente il 1910 è anche un anno ricco di fatti di cronaca che ben si sposano con l’impalcatura della storia.

Desidera dire o augurare qualcosa a tutti coloro che leggeranno il suo romanzo?

A chi leggerà il mio romanzo dico di prendere tempo e affrontare la lettura con lo spirito giusto. La mia intenzione non è quella di scoprire un assassino o un ladro ma è solo quella di scoprire dei sentimenti utilizzando la chiave dell’umorismo. In fondo chi sa sorridere è padrone del mondo. O no?

Leggi anche la nostra recensione di “Lo strano furto di Savile Row” di Vincenzo Monfrecola

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