A tu per tu con… Vauro Senesi

Di Vauro Senesi molti conoscono solo il nome, la matita che quasi per magia crea vignette umoristiche e l’ironia graffiante sottolineata dall’inconfondibile accento toscano. Stavolta però torna in libreria con un romanzo, “Storia di una professoressa”, edito da Piemme, che è insieme il racconto di una vita, di una vocazione all’insegnamento e uno spaccato della nostra società negli ultimi quarant’anni.

Partiamo dal suo ultimo libro. Tutti sappiamo che gli insegnanti nel nostro paese sono assai poco considerati, invece lei, con la storia di Ester, mostra come quella dell’insegnante sia una figura di fondamentale importanza sia nella società sia nella vita dei ragazzi, in particolare di quelli con problematiche didattiche ed educative. 

In effetti la scuola è stata davvero poco considerata diciamo nell’ultimo ventennio per essere ottimisti. Nel mio piccolo ho fatto il maestro elementare per qualche tempo quando la scuola era al centro della tensione e attenzione sociale: erano gli anni in cui si lottava per i decreti delegati, per il tempo pieno e la scuola italiana faceva grandi conquiste per valorizzare un sistema che era fra i migliori d’Europa se non del mondo. Dopodiché c’è stato decisamente un imbarbarimento e la parola riforma è stata utilizzata come sinonimo di taglio e demolizione dell’istituzione. Non si tiene conto di come la scuola sia una risorsa non del futuro, ma del presente, in cui quel futuro già vive. E’ il luogo d’incontro fra generazioni dove la socialità ha modo di esprimersi nella maniera più viva e articolata, dove le curiosità nascono, crescono e si sviluppano e parlo naturalmente di curiosità per la vita.

Come è nato il personaggio di Ester?

La mia idea di base era di non fare un racconto che risultasse un lamento sulla situazione attuale e mi son chiesto come mai, nonostante il degrado e l’assedio che la scuola ha subito negli ultimi vent’anni esistano tuttora delle realtà vivissime. Forse la chiave sono proprio gli insegnanti, quelli che con fatica vogliono ancora lasciare un segno, che poi è il significato vero e profondo del loro lavoro. Così ho scritto la storia di una professoressa tuttora in servizio e per fortuna come lei ce ne sono tanti. Naturalmente c’è anche chi è disilluso, stanco e fa questo lavoro per ripiego, senza convinzione e passione, ma non volevo dipingere un’eccezione. La vera protagonista del libro è stata molto generosa perché mi ha messo a disposizione la sua vita in tutti gli aspetti, incontrandomi tutte le settimane per otto mesi e alla fine è venuta fuori dalla storia con una generosità infinita comprese parti anche fortemente drammatiche.

Ester,  insegnante meritevole e degna di massimo apprezzamento,  come donna tuttavia risulta un po’ sui generis ( si sposa a 17 anni, anche se è vero che erano altri tempi, tradisce il marito che la ama, va raramente dai genitori anziani e malati ) non crede che alla fin fine risulti un po’ antipatica? 

Non volevo descrivere un’eroina, ma una donna che vive con grandissima intensità e  credo ci voglia passione per la vita per avere passione per l’insegnamento. Le due cose non possono essere scisse. In Toscana c’è un detto che dice “Chi non lava i piatti non li rompe”, in altre parole chi non ama la vita non sbaglia, non tradisce, ma forse tradisce la vita . Lei segue il percorso, cercando di ricevere dei segni che poi dovrà comunicare. Ester arriva ad essere inquadratissima fino al fanatismo, ma è un fanatismo esistenziale nato dal grande desiderio di consumare conoscendo, momento dopo momento, la propria vita e quella altrui, in tutti gli aspetti, anche quelli che ognuno di noi ha che possono sconcertare. Non siamo sempre simpatici, ma a me per esempio sono simpatiche le persone che “lavano i piatti”!

Lei ricorda in particolare qualche sua insegnante?storia di una professoressa

Ricordo la mia maestra elementare che ha proprio lasciato un segno, anzi nel mio caso un disegno! Era convinta che io fossi semplicemente un bambino indisciplinato, così mi dava un mucchio di fogli e mi spediva fuori dalla classe a disegnare: avevo a disposizione tutte le matite che volevo e potete immaginare come per me fosse una pacchia!

Tutti i periodi della vita di Ester sono intrisi di musica (Modugno, Battisti, Guccini…). Nella sua vita privata quanto è importante la musica?

Molto di meno di quanto sia per Ester. Io sono un consumatore di musica disordinato ed incolto, casuale e un po’ ripetitivo. Se c’è una canzone che mi piace son capace di sentirla per un mese in continuazione e poi dimenticarla. Nel libro la musica è importante anche perché scandisce la cronologia di ciò che accade.

Come dice Guccini le canzoni sono un momento per altri momenti… 

Esattamente, proprio così!

Lei è un personaggio dalle mille sfaccettature: oltre ad essere scrittore, è disegnatore, personaggio televisivo, attore… Vede la sua prossima fatica letteraria ancora in un romanzo? 

Non so se ho mille sfaccettature, di certo attribuisco molta importanza alla curiosità. Sono curioso delle storie e dei modi in cui si possono raccontare a disegni, sui giornali, nei romanzi, nei film, in televisione.  La mia passione è raccontare e per raccontare devo vivere le storie direttamente o indirettamente in modo relazionale. Non credo ci siano storie tutte tue: siccome siamo fatti di relazioni le storie sono di tanti, a prescindere da chi le scrive. Si sente la responsabilità della storia di una persona che te l’ha messa a disposizione con coraggio, generosità e fiducia. Quello che non si può tradire è la fiducia. 

Milanese di nascita, ha vissuto nel Varesotto per poi trasferirsi a Domodossola. Insegnante di lettura e scrittura non smette mai di studiare i classici, ma ama farsi sorprendere da libri e autori sempre nuovi.

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