A tu per tu con… Ugo Dighero

Due racconti di Niccolò Ammaniti, Lo zoologo da “Fango” e Sei il mio tesoro, da “Crimini”, scritto con Antonio Manzini, diventano uno spettacolo teatrale. Si intitola “Apocalisse” e, con la regia di Giorgio Gallione, è in debutto a marzo al teatro dell’Archivolto di Genova, in un monologo portato in scena dall’attore Ugo Dighero.

Non è naturalmente la prima volta che un libro o che dei racconti diventano trasposizione teatrale, ma è un’occasione per parlarne con un attore amato dal pubblico e conosciuto non solo in teatro, ma anche sul piccolo schermo, dove è stato, tra l’altro, uno degli interpreti di serie televisive quali “Un medico in famiglia” e “Ris delitti imperfetti”.

Da dove nasce lo spunto per questa “Apocalisse”?

Dal fatto che i personaggi di Ammaniti sono spesso molto estremi e che i suoi libri trattano temi “tosti”, ma sempre con il taglio grottesco e dell’ironia, che è quello che credo si possa fare per comunicare scardinando i pregiudizi, facendo passare in maniera diretta sensazioni e messaggi. Il fatto è che nel nostro Paese, ma anche nel mondo, ci sono segnali che ci dicono che stiamo andando alla rovescia: la sensazione è proprio che gli accadimenti a cui assistiamo vadano alla rovescia….

Un grottesco nella realtà, insomma?

Accadimenti grotteschi nella realtà, sì, neppure più sfumati. Assistiamo a decisioni, vediamo personaggi che vanno al contrario e questi sono secondo me segnali di una crisi sistemica che non è solo nostra, ma è del mondo, un sistema che non funziona più, una situazione complessa da gestire. E per farla funzionare bisogna cambiare alla base un mondo che consuma. Ci sono storie, paradossi che ci dicono che ci stiamo suicidando, che il mondo finisce se si va avanti così.

Lei è attore di teatro, ma anche di cinema e televisione: quale di queste dimensioni preferisce?

Sono due cimenti diversi e appassionanti entrambi per ragioni diverse, ma in egual maniera. Certo, il teatro è rapporto con il pubblico, è un modo per tirar fuori il talento, la fantasia: da questo punto di vista il teatro è una bellissima avventura, ci si cala in un personaggio tirando fuori tutti gli strumenti che hai e tutto il talento accumulato.

Lei porta in scena due racconti di Ammaniti, porta in scena “libri”, ma c’è un libro o un autore di cui non potrebbe mai fare a meno?

Ce ne sono tanti. Forse un autore che mi ha sempre appassionato è Simenon, Maigret a parte, su cui ho letto pochissimo. La storia che adoro è L’uomo che guardava passare i treni, perché amo i personaggi che svoltano verso un universo sconosciuto. Perché la fuga è in ognuno di noi quando ci assale la voglia di cambiare.

Prendete racconti per bambini e ragazzi, unitevi romanzi gialli, shakerate ed ecco che salto fuori io: letteratura per ragazzi e thriller sono passioni che mi accompagnano da sempre, insieme comunque alla condivisione del decalogo di Daniel Pennac con i suoi dieci imprescrittibili diritti del lettore. Che prevedono anche quello di “leggere qualsiasi cosa”, pur avendo una spiccata passione per quanto enunciato in apertura di presentazione. Pensando in ogni caso che nelle pagine, non sempre, ma in molti, moltissimi casi, uno scrittore ci sta donando qualcosa di profondamente suo: non per forza un ricordo, ma anche solo un modo di esprimersi, un ritmo narrativo, e ogni volta una creazione. E dunque una forza che va almeno conosciuta. Se poi questa forza avvolge fin da piccoli e aiuta a diventare lettori, oppure dissemina le pagine di indizi che trascinano chi legge in un’inchiesta al cardiopalma… allora conoscerla mi piace ancora di più.

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