Come ha cambiato vita Simone Perotti l’ha raccontato nel bestseller “Adesso basta”, ora è tornato in libreria con il romanzo “Un uomo temporaneo” (Frassinelli) in cui il protagonista è un impiegato, Gregorio, che, vittima di mobbing, decide di reagire ai meccanismi disumani e vessatori del mondo lavorativo in una maniera imprevedibile e spiazzante per i suoi stessi datori di lavoro. Non si licenzia, non minaccia vendetta ma continua ad andare a lavorare. Non ha più una scrivania, gira per l’azienda, conosce finalmente forse per la prima volta i propri colleghi, parla con le persone, le ascolta, le comprende. Ne risulta una situazione del tutto inconsueta e surreale che Perotti racconta però come normale e verosimile. L’ho incontrato al Salone del Libro di Torino.
Ci racconta una storia surreale il cui protagonista si chiama Gregorio, proprio come il protagonista de “La metamorfosi” di Kafka. E’ casuale la scelta di questo nome di kafkiana memoria ?
Non è casuale, in realtà c’è un chiaro riferimento a Gregor Samsa, il protagonista de “La metamorfosi” di Kafka. Gregorio è un personaggio che cambia nel corso del romanzo, lo conosciamo come un personaggio grigio, liturgico, chiuso da diciotto anni tra le mura della sua stanza all’inizio del romanzo e lo ritroviamo vestito con una tunica e delle collane, che va a lavorare di notte, rivoluzionario alla fine. E’ un personaggio che subisce senza dubbio una trasformazione.
Gregorio viene allontanato dal lavoro senza una ragione precisa ed evidente, nonostante questo non si abbatte, si inventa un nuovo modo di sopravvivere rendendosi utile agli altri e a se stesso. Definirebbe il suo romanzo una sorta di manuale di sopravvivenza?
Gregorio di fatto si inventa un nuovo modo per sopravvivere ma non per mantenere il posto di lavoro, non è uno che si adatta e non gli interessa neppure il denaro, Gregorio vuole sopravvivere purché cambi il gioco, il cambiamento per lui è un fine. Il mio romanzo può essere considerato un manuale di sopravvivenza ma solo da un certo punto di vista, solo spostando l’asse del problema dagli altri a sé. Dare sempre la colpa agli altri di tutti i nostri problemi è una perdita di tempo, vuol dire smarrire la strada per la risoluzione.
Immagino che abbia ricevuto tanti messaggi da parte dei lettori, qualcuno si sarà riconosciuto in Gregorio, qualcun altro invece si sarà riconosciuto nei suoi superiori. C’è un messaggio curioso che ha ricevuto?
Un lettore mi ha fatto notare che cambiando una vocale il nome del protagonista da “Gregorio” diventa “gregario”. Non ci avevo pensato ed in effetti Gregorio è un “gregario”: è il più grigio degli uomini eppure diventa un leader, forse involontario, ma è comunque in grado di trascinare le masse. E’ in questo gioco di parole il senso della storia che racconto.
Il protagonista del suo libro è un personaggio rivoluzionario, uno che va oltre gli schemi precostituiti di una società egoista e e abietta, in cui il lavoro nulla ha a che fare con la collaborazione, la libertà o il bene comune, ql che lei descrive è anche una società di persone che sono sostanzialmente degli esecutori, che non hanno intuizioni, non hanno inventiva, non hanno creatività. Guardandosi intorno vede un personaggio come Gregorio?
Purtroppo no, e questo è uno dei problemi della nostra società, che nessuno di noi assomiglia almeno un po’ a Gregorio, se così fosse il nostro destino e la nostra storia cambierebbero.
Il finale del suo romanzo è magico, poetico, sospeso. Non intendo svelarlo qui ma le chiedo solo dove immagina Gregorio ora, è un personaggio che ha archiviato o sta già pensando ad un seguito del suo romanzo. Crede nei romanzi seriali?
Il romanzo ha una storia che deve finire così, non avrà un seguito. Lascio che ognuno immagini, se vuole, altri sviluppi. Io immagino Gregorio adoperarsi in cose minime o in grandi questioni con la stessa identica flemma, tranquillità e impermeabilità al potere e la stessa identica voglia di diventare null’altro che quello che è.