A tu per tu con…Silvia Zucca

Colline, vino, legami familiari.

Siamo di nuovo in Italia. Ma questa volta con Silvia Zucca e con il suo nuovo libro “Il cielo dopo di noi”.

Un’incarnazione dettagliata dell’Italia tra oggi e ieri, tra il 1944 ed i giorni nostri. Tra crisi di stabilità e crisi di valori. In un’Itialia, però, dove l’amore vince. Sempre.

Si parla di amore materno, fraterno, passionale, inaspettato, riscoperto, illecito e, sì, anche timoroso. Perché gli anni della guerra ti spingono a fare tutto ciò che vorresti per la tua vita oggi, non sapendo se domani ci sarai ancora. Io che scrivo non lo posso sapere per esperienza, perchè la guerra non l’ho vissuta. Ma Silvia zucca ci racconta un mondo talmente vero, talmente palpabile, che non percepirlo sarebbe impossibile.

“Il cielo dopo di noi” è un diario sociale, oltre che un romanzo. Perché disegna le dinamiche di due società, quella di ieri e quella di oggi, tanto diverse quanto rimaste le stesse, da riuscire ad intrecciarsi perfettamente.

Miranda è una giovane ragazza milanese, che non parla più con suo padre da parecchi anni e che trova irresolutezza in tutti i reparti della sua vita. Fino a quando incontra Francesco, che inizialmente non tollera. Fino a quando suo padre sparisce, non lasciando tracce. E fino a quando, lo stesso giorno, nella mansarda della sua vecchia casa, trova una lettera indirizzata a sua nonna e scritta da un amante segreto, almeno settant’anni prima.

“Per sempre tuo, Philip”.

La trama e le svolte che arrivano emanano vibrazioni talmente intense, che viene quasi da pensare che sia una storia vera. Da dove nasce questo libro?

In realtà questo libro affonda le sue radici in una storia vera. Ma non è assolutamente niente di autobiografico, ci tengo a dirlo. Questo perché la storia e le sue dinamiche, poi, sono state totalmente inventate. Io però ho realmente un papà come quello di Miranda, a cui è mancato il padre. Ed ho davvero, un giorno, dopo la morte di mia nonna, trovato delle lettere indirizzate a lei da parte di una persona di cui noi non sapevamo assolutamente niente, e che mio papà non ha mai avuto il coraggio di leggere. Le ho lette, le ho riordinate, ho provato a ricostruire una cronistoria e ne sono rimasta davvero colpita: era il primo fidanzato che mia nonna aveva auto da giovane. Questo mi ha ispirata moltissimo, poi in realtà sapevo già che avrei voluto scrivere qualcosa orientato in questa direzione, in particolare sul vino e sulla Resistenza. La storia di mia nonna mi ha ispirato davvero tanto: sapere che una volta, quando era giovane, era una persona così diversa dall’essere “nonna” e anziana, mi ha sempre un po’ affascinata. Siamo abituati a vedere gli anziani come persone affaticate, acciaccate. Non ti capita mai di pensare a chi potevano essere quando erano nel fiore dei loro anni?

Affascinante come Sant’Egidio dei Gelsi, paese protagonista di una storia italiana che ci ha fatto innamorare dei suoi paesaggi e dei suoi abitanti: esiste davvero?

No, non esiste. E non esiste volutamente perché ho desiderato non creare nessun tipo di legame storico o personale con la trama  che stavo raccontando. In realtà effettivamente esiste un luogo a cui io riconduco questo libro, è in Piemonte e si chiama Costigliole d’Asti. Vado spesso in Piemonte con il mio fidanzato, perché lui ha una casa lì, con dei vigneti. E questi due anni li ho vissuti studiando e approfondendo la mia passione per il vino e quel meraviglioso mondo che gli ruota intorno. È un paesino piccolino, con una struttura molto particolare: un’alternanza tra architetture  e case di epoche molto differenti. Ma la cosa più interessante sta nella popolazione, ho avuto modo di conoscere qualcuno durante questo periodo, e quello che mi è parso è che tutto sia più semplice – le distanze molto più ridotte. È un microcosmo in cui tutto sembra sospeso.

Effettivamente, parlando da lettore, quasi si fatica ad abbandonare Sant’Egidio dei Gelsi e le sue abitudini al termine del libro. Come se ormai fossimo parte della sua società e le sue dinamiche…

Qual è il significato che attribuisci al vino, elemento centrale, in tutta questa storia?

Bè, il vino è il chiaro esempio di come una vita assorba tutto quello che le gravita intorno. L’uva, con la sua maturazione, subisce una trasformazione. Ed il vino anche, ha una sua evoluzione nel tempo. Qualcuno dice che cambi nel momento esatto in cui si apre la bottiglia, del tipo di aria con cui viene a contatto. Tutto ha una sua influenza. E noi dall’altra parte siamo frutto della nostra storia, dei nostri genitori, e dobbiamo renderci conto che non possiamo prescindere da ciò che è stato prima di noi. Secondo me spesso oggi questa cosa si perde. L’idea era di dare un senso di continuità, ad effetto domino: tutto quello che è successo ieri torna oggi.

“Il cielo dopo di noi” conquista. è per tutti coloro che amano perdersi tra i vicoli della lettura, e mi raccomando: senza distrazioni! Perché i personaggi sono molti, le vicende anche. Ma le emozioni tantissime, e vale la pena viversele tutte!

 

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