A tu per tu con…Rosalba Perrotta

Rosalba Perrotta è l’autrice di All’ombra dei fiori di Jacaranda, edito da Salani, un romanzo brillante e originale che, con leggerezza ed emozione, attraversa la storia del secondo Novecento. Protagonista della vicenda è Arabella, una donna sensibile, intelligente ed indipendente che non ha paura di inseguire i propri sogni.

Come è nato il romanzo?

Il mio libro nasce da un’immagine, quella di Arabella, la protagonista che ha abitato a lungo dentro di me. Siamo nella seconda metà degli anni quaranta e in una grande villa ho visto una bambina sensibile, sola e con un lieve handicap. Ho capito che mi sarebbe piaciuto seguirla nella sua difficile crescita e descrivere, attraverso i suoi occhi, il mondo che muta intorno a lei. La villa, in particolare, mi affascinava: immaginavo una grande casa déco alle pendici dell’Etna con una siepe di fichidindia e una jacaranda in giardino… L’incoraggiamento di un’ amica, incontrata dopo decenni di lontananza,  e un laboratorio di scrittura nei boschi diedero carburante al mio entusiasmo. E Arabella prese finalmente vita.

Quindi questo è il suo modo di scrivere.

Sì, parto da un’immagine o da una frase e procedo cercando risposte alle domande: cosa potrebbe esserci intorno? Perché potrebbe essere successo? E se poi mi viene in mente un elemento incongruo, e questo elemento  mi attrae, cerco di farlo rientrare nella storia: lavoro sia di fantasia sia di logica per incastrarlo nell’ingranaggio narrativo.Scrivo a pezzettini e quando c’è un nodo da sciogliere ci penso tutto il giorno, tra una cosa e l’altra. Ci rifletto nel traffico cittadino e, immersa nella ricerca della soluzione più adatta, mi dimentico degli ingorghi. Poi, quando l’idea arriva, e come spesso accade è un’idea divertente, rido da sola, tra lo stupore degli automobilisti ingrugnati che mi si affollano intorno (ricordo esattamente i punti della città in cui sono avvenute le mie folgorazioni comico-surreali). E così il racconto che aspettava in standby  riparte.

La Sicilia ha un ruolo fondamentale all’interno del romanzo: non solo fa da sfondo alle vicende narrate, ma sembra assumere quasi il ruolo di protagonista. Che cosa la lega alla sua terra natale?

Arabella vive in una villa ai piedi dell’Etna e poi in un attico al centro di Catania. Frequenta Giurisprudenza a Villa Cerami. Va in giro per la città, si ferma a prendere un cappuccino o l’aperitivo nelle pasticcerie di via Etnea… acquista metri di cordoncino rosso a pippiolini nella merceria di piazza Manganelli… La sua Catania coincide con la Catania dei miei ricordi. Nel mio romanzo c’è molta Sicilia: scenari, sapori, odori, tradizioni, modi di dire, preghiere, filastrocche, personaggi… Ma non si tratta di una Sicilia stereotipata, sfuggire i luoghi comuni mi è venuto naturale. Le persone sono quali io le ho conosciute e le conosco, nella loro complessità, ricche di sfaccettature e contraddizioni. Non  coincidono con le maschere cristallizzate di molti film e racconti. La Sicilia di cui ho esperienza è diversa da quella “tipica” spesso presentata dal cinema e nei romanzi, è diversa da quella di cumpari Turiddu e donna Lola. Le donne non escono coperte da scialli neri e gli uomini, in genere, non uccidono per gelosia. I miei personaggi non hanno legami viscerali ed esclusivi con la loro terra ma sono aperti all’altroveIl mio legame con la Sicilia è simile a quello di Arabella: avverto il fascino della sua ricchezza di memorie, di bellezza, di musiche, di profumi, di sapori… spesso però, specialmente nel passato, l’ho sentita come una gabbia.

All’ombra dei fiori di Jacaranda  ripercorre anche un secolo di Storia: dalla politica al mondo della televisione. Quanti ricordi personali ha inserito nella trama del romanzo?

Man mano che i capitoli andavano avanti ripercorrevo i decenni della seconda metà del Novecento, attingendo ai miei ricordi e cercando di trasformarli nei ricordi di Arabella: il Battesimo della bambola, la Festa dei morti, i libri della Biblioteca Salani dei miei ragazzi, Audrey Hepburn e Grace Kelly, il fungo cinese… le sfilate del Sessantotto inneggianti a Marx, Mao e Marcuse, i mobili colorati della Kartell, la Swinging London, e poi le felpe di Naj Oleari, il trionfo delle “firme”, il giubbotto Moncler, i cartoni animati giapponesi, le ragazze Drive in, i punk, gli opposti estremismi, gli anni di piombo, Indietro tutta…Ho voluto restituire colore a memorie sbiadite per preservarle dalla dimenticanza e farle conoscere a chi non c’era ancora. Ho voluto far ricomparire antichi giochi, tradizioni, proverbi, ricordare eventi e mode che hanno cambiato la nostra società e il nostro modo di vivere.

All’ombra dei fiori di Jacaranda contiene anche un piccolo giallo: molti sono infatti i dubbi su come sia scomparso il marito di zia Colomba. Un particolare che affascinerà i lettori…

Il romanzo ruota intorno a diversi piccoli misteri. All’ombra dei fiori di jacaranda è come un millefoglie. In superficie c’è una storia che incuriosisce e spinge a leggere, fatta di piccoli misteri (chi ha ucciso Ciccio Lanzafame? Di chi è figlia la bambina del ritratto?…) e colpi di scena. E questo va bene per ogni tipo di lettore. Poi, se ci si inoltra nel ripieno, si trova un romanzo di formazione, che parla del difficile ingresso nella vita di una ragazza per certi versi anomala e ripercorre eventi, mode e miti della seconda parte del secolo scorso. Andando più in fondo si scoprono spunti di riflessione riguardo al senso della vita, all’handicap, all’amore, alla solitudine, all’impegno politico, al femminismo, alle avanguardie artistiche… Temi importanti, proposti in maniera lieve e ironica che mescola cultura alta e cultura popolare e invita il lettore che sia disponibile a una piacevole avventura intellettuale. Innanzitutto vorrei far divertire e poi vorrei anche fare riflettere.

Un’arma che lei ama usare nella sua scrittura è l’ironia. È un elemento che fa parte anche della sua vita?

L’ironia e la giocosità sono per me ingredienti essenziali, sia nella scrittura che nella vita. Levità e ironia  non sono sinonimo di superficialità: comportano, invece, la capacità di smontare la realtà per coglierne i meccanismi e giocare poi con gli ingranaggi. Demistificare esperienze ed eventi consente di ridimensionarli e affrontarli meglio. Riderci sopra, come osserva Pirandello nel Giuoco delle parti, aiuta a tenere a bada la sofferenza. La giocosità insegna a sorridere della vita e alla vita: i romanzi possono essere potenti antidepressivi.

Quali sono i romanzi che hanno costruito la sua formazione e l’hanno ispirata?

Inizialmente: Piccole donne, Senza famiglia, Mary Poppins, le opere di Verne… poi i romanzi Salani delle collane per i ragazzi e le ragazze, con i loro misteri e le loro avventure. In seguito i libri di moda all’epoca: il Male oscuro di Berto, Spoon River di Edgar Lee Masters, Memorie di una ragazza per bene di Simone de Beauvoir, Lessico familiare di Natalia Ginzburg… poi i classici dell’Ottocento e del primo Novecento, in particolare Tolstoj e Proust. Tra i siciliani: Pirandello, De Roberto, Brancati. E gli autori e le autrici con senso dell’umorismo: Giovanni Guareschi, Camilla Cederna, Brunella Gasperini, Natalia Aspesi… in anni più recenti, Fay Weldon, Elizabeth von Arnim, Stefania Bertola. E non mi stanco di rileggere Zia Mame.

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Leggere risveglia energie sopite, spalanca la fantasia a strade impensate, o suggerisce maniere nuove di percorrere il vecchio cammino. Il libro giusto può salvare la vita.  In certi casi, poi, quando cambiare non è proprio possibile, il libro giusto la vita l’addolcisce: offre un rifugio. Avvolge, protegge e per qualche ora la sofferenza scompare. Leggere aiuta a vivere meglio. 

Chiara Barra

Se dovessi partire per un’isola deserta, e potessi portare con me soltanto un libro...sarebbe un’ardua impresa! Come immaginare la vita senza il mistero di Agatha Christie, la complessità di Milan Kundera, la passione di Irène Nemirovsky, l’amarezza di Gianrico Carofiglio, il calore di Gabriel Garcia Marquez, la leggerezza di Sophie Kinsella (eh sì, leggo proprio di tutto, io!). Ho iniziato con “Mi racconti una storia?” e così ho conosciuto le fiabe, sono cresciuta con i romanzi per ragazzi che mi tenevano compagnia, mi sono perdutamente innamorata dei classici...che ho tradito per i contemporanei (ma il primo amore non si scorda mai)!

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