A tu per tu con… Romano Montroni

Incontrare quest’uomo è un’emozione incredibile. I suoi occhi hanno visto molti libri, molti autori, molti editori, molte librerie… Romano Montroni ha vissuto la storia dell’editoria italiana. Noi l’abbiamo incontrato in occasione della pubblicazione della sua ultima fatica letteraria, “I libri ti cambiano la vita” edito da Longanesi.

Nella sua vita ha ben presto avuto a che fare con i libri, nel suo “Libraio per caso” racconta proprio la casualità con cui è venuto a contatto con questo mondo che poi non ha più abbandonato. Cos’altro le sarebbe piaciuto fare nella vita? Come si immaginava da grande quando era bambino?

Il mondo dei libri mi era del tutto estraneo, la mia famiglia non mi aveva dato questa abitudine, avrei tanto voluto fare il presentatore. Diciamo che sognavo di dialogare con altri e in un certo qual modo, facendo il libraio, sono riuscito nel mio intento.

Da piccolo non leggeva molto, come è nato il suo amore per la lettura? Cosa è scattato in lei? Cosa le ha comunicato Nemecsek per farla “innamorare”?

Da ragazzino sono stato un’estate a fare il fattorino in una libreria a Bologna, il datore di lavoro era Amadori, un libraio di vecchio stampo, il quale mi disse “tu non hai mai letto un libro? Te ne voglio dare uno” e mi diede “I ragazzi della Via Pal” di Molnar. Quando sono arrivato a casa con il libro i miei genitori erano molto stupiti, non era mai successo. La mia curiosità nel leggere è nata proprio attraverso la storia di quei personaggi, mi riconoscevo, mi ritrovavo, mi immedesimavo perfino. In particolare mi aveva colpito Nemecseck, un ragazzino fantastico, costruito in maniera tale da rimanerti dentro. Penso che se durante le feste dei libri gli autori andassero nelle scuole a leggere le loro storie molti ragazzi si entusiasmerebbero. Sentire leggere è come ascoltare la musica, ti appassiona, ti entra dentro.

“I libri ti cambiano la vita” direi che è un titolo che si può senz’altro applicare alla sua vita. Come le è venuta l’idea di allestire questo “libro fatto di libri”? I cento scrittori che hanno contribuito alla realizzazione come hanno accolto il suo progetto?

L’idea è nata perchè, facendo il mio mestiere, ci si rende conto che leggere ad alta voce e comunicare la passione per la lettura incanta le gente che ti sta attorno, in libreria i clienti ti interrompono e ti chiedono di che libro stai parlando. Parlare di libri entusiasma chi si interessa ma anche chi non si interessa, per questo motivo ho pensato “chi meglio di uno scrittore può raccontare l’emozione di leggere un libro?”. Lo scopo è diffondere ad altri il piacere di aver scoperto un libro. Non è stato semplice, ho impiegato un anno, qualcuno era molto contento fin da subito, molti invece erano scettici. Chiariamo, dietro al libro non c’è alcun tipo di compenso, tutto il ricavato è destinato alla Biblioteca di Aulla. Il successo del libro mi rende molto fiero e anche chi era titubante all’inizio si è pentito di aver partecipato in maniera un po’ limitata.

E’ cambiato questo lavoro negli anni? Come? Lei, prima per Feltrinelli e oggi per Coop, si occupa di selezione personale. Il libraio non è un mero venditore, ma qualcosa di più, spesso però nelle librerie di catena si trovano persone poco competenti da cui emerge una certa distanza dalla lettura, perché accade ciò?

Io credo che dipenda molto dal vertice dell’azienda e dal progetto che ha quel tipo di azienda o di catena. Io ho avuto la fortuna di iniziare con Feltrinelli con un personaggio che si chiamava Giangiacomo Feltrinelli, il quale vede l’esempio delle librerie tedesche, che fin dagli anni ’50 – ’60 erano all’avanguardia. Uno che fa il libraio in Germania è preparatissimo; lui ha importato questo concetto e ha trovato un gruppo di giovani, che attraverso la formazione è diventato un ottimo libraio arrivando addirittura a dirigere una casa editrice come la Feltrinelli. Il cambiamento è dato da chi dirige la catena, che oggi non è più come il modello precedente, ma è diretta da persone che vengono dalla grande distribuzione, quindi hanno un concetto di accentramento totale, dove le periferie, le librerie, non devono essere esseri pensanti, e allora capisci che, quando qualcuno si butta in questo mondo senza nessun elemento emozionale, tutto ciò perde valore.  Ma da li a dare al libro un elemento di vivacità per come lo collochi, se dà un parere sul libro, un suggerimento, se lo metti in vetrina in un certo modo, questo ti da soddisfazioni enormi. Tra una copia o dieci copie di un libro, cambia la vita; perché funziona l’ipermercato? Perché c’è una quantità di proposta. La libreria deve essere così, ma bisogna fare delle scelte. Ma chi le fa le scelte? Non come nelle catene, dove ormai viene standardizzato il comportamento solo tenendo conto dei risultati economici che quella casa editrice raggiunge; no, non è così. Stiamo per aprire la libreria Zanichelli a Bologna e abbiam preparato le sei persone con corsi di formazione che durano quasi due mesi, però sono librai che fanno il nostro mestiere ma va riposizionato il loro modo di essere perché saranno collocati in un mondo altamente borghese, con un pubblico estremamente selezionato che ha bisogno di avere interlocutori capaci di accogliere, suggerire e creare quell’atmosfera giusta in libreria in modo tale che uno si senta riconosciuto e apprezzi quel lavoro che sta facendo. 

Quali sono le caratteristiche che deve necessariamente avere un libraio? Quali sono i parametri su cui lei basa le sue scelte di selezione? Possiamo dare un suggerimento ai giovani aspiranti librai?

Il libraio conversatore fine a se stesso non esiste più; Roberto Calasso dice “una volta il libraio suggeriva su cataste di libri, oggi deve lavorare sul merchandising che se standardizzato e, come le catene, non dà nessun tipo di emozione, ma se è personalizzato da un libraio curioso, la storia è diversa. Uno non campa con la vendita delle piccole sigle, ma dipende da che immagine tu dai a quella libreria. Oggi non è possibile pensare di fare una libreria dei piccoli editori perché hanno un mercato del 30%. La caratteristica principale di chi va in libreria è quella dell’essere curioso. La selezione come avviene nel colloqui? Io non faccio test, ho anche sbagliato, però raramente, perché un colloquio può durare anche un quarto d’ora se si ha una sensazione positiva; la curiosità è il primo valore, nei colloqui conta molto il modo di porsi perché il libraio ha come primo compito quello di sapersi relazionare con chi entra. Mondadori, è il più grande editore italiano, ha dei libri di mercato stupendi, ha una produzione sterminata; allora le tue librerie vuoi averle orientate con la stessa qualità con cui fai l’editore? Ci sono editori che ci credono, come nel mondo Feltrinelli, non puoi mettere a dirigere una libreria uno che viene dalla grande distribuzione. Il libro ha una sua interiorità, una sua specificità, non può essere la stessa cosa. Il valore delle persone e la profondità dell’assortimento, è indipendente dalla redditività dell’assortimento; un assortimento si compone da 3 fattori: libri che si vendono molto, quelli che si vendono meno e quelli che servono per far vendere gli altri. Tu non puoi fare un settore dell’economia senza avere il capitale di Marx.

Lei ha lavorato e lavora per catene di librerie, come vede il futuro della distribuzione libraria al dettaglio in Italia? I librai indipendenti che oggi soffrono così tanto la crisi ce la faranno?

Io ci credo, ne ho visti molti. L’altro giorno ero a Modica, un paese di provincia della Sicilia, ed ho trovato un libraio fantastico, una donna, bravissima. Le piccole realtà hanno una qualità di assortimento e rapporto con la gente che entra che è a dir poco fantastico. È durissima in un periodo come questo, ma se un libraio ha queste caratteristiche, riesce ad avere il suo equilibrio. Quelli che muoiono son quelli che non hanno le caratteristiche sufficienti del sapere gestionale e della passione; la passione non può essere solo legata a te, devi tenere conto del mercato. Come fai a non tenere un autore se il mercato lo richiede? Questa presunzione è nata negli anni ’70, quando librerie di sinistra non tenevano libri che eludevano nella filosofia politica e questi sono falliti. Per stare sul mercato devi soddisfare qualsiasi richiesta e fare emergere la tua identità e quella diventa attrattiva per il pubblico di lettori. Noi abbiamo aperto 27 librerie della catena Coop e 20 sono nei centri commerciali, dove dentro all’ipermercato c’è il reparto libri scontato e pertanto vi dico che lo sconto non è la leva per affascinare il pubblico, ma abbindola solo il lettore occasionale. Per esempio, Harry Potter lo vendevano al 40% di sconto dentro agli ipermercati e noi ne abbiamo vendute centinaia di copie in queste librerie dei centri commerciali, perché c’era il senso di accoglienza, il suggerimento, il sorriso. C’era una relazione che ha un valore, non solo nei libri. Se oggi il mercato perde il 10%, le librerie che hanno questo atteggiamento perdono 2/3. Quindi occore l’atteggiamento di qualità, oggi più di prima c’è bisogno di considerare il cliente un valore, mentre in un grande spazio, il valore del cliente non esiste più. La qualità è attrattiva per chi ama quel mondo li.

Con questa intervista ha la possibilità di lanciare un messaggio ai lettori, cosa vorrebbe dire loro?

Mi viene da suggerire di saper identificare la libreria di qualità da quella standardizzata, e voi lo potete verificare dal senso di accoglienza o dai libri che vedete esposti nelle vetrine o nei banchi all’inizio di questa libreria; questo è il primo parametro a cui uno deve dare valore. Il secondo è che se voi volete essere curiosi sui libri fidatevi di certe rubriche, di certi siti, di certi suggerimenti e soprattutto di certe librerie, dove con un semplice cartellino ti dicono che emozioni contiene un determinato libro. Waterstone nelle sue librerie ha applicato un cartellino scritto a mano dai singoli librai; la gente guarda questi cartellini incuriosendosi, riuscendo così a dare un suggerimento anche a chi non ha mai letto. Se volete entusiasmare fate delle letture in libreria; la libreria non è più solo il luogo del vendere, è un luogo che deve diventare il piacere di andare in un ambiente dove si sente parlare di cose che si chiamano libri, che contengono un mare di emozioni. 

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Riccardo Barbagallo

Lavoro da qualche anno nell'editoria, mi occupo di comunicazione per editori e autori e sono un digital addicted. Al contrario di altri, non mi posso definire un lettore da sempre, 'La coscienza di Zeno' in prima media è stato un trauma troppo forte da superare per proseguire serenamente la relazione con la lettura. Più avanti ho deciso di leggere un libro per piacere, e non per obbligo, ed è stato lì che ho capito quale sia la vera forza della lettura: la capacità di emozionare. Credo che sia questo il segreto, se così possiamo definirlo. Non ho più smesso.

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