A tu per tu con…Pietro Caliceti

A distanza di un anno dall’uscita del romanzo rivelazione, L’ultimo cliente, Piero Caliceti torna a stupire il suo pubblico con un attesissimo nuovo romanzo. In un assolato pomeriggio di giugno, Gabriele Scandolaro ha intervistato il noto scrittore per voi.

Piero Caliceti, ad un anno di distanza dall’uscita del suo primo romanzo, come ci si sente ad essere un autore affermato? Quali sono le aspettative per questo nuovo romanzo?

Non mi sento un autore affermato. Mentre l’ultimo cliente è stato un libro nato dalla volontà di sfogarmi, un libro che ho scritto di getto, ciò che stava dietro la stesura di Bitglobal è assai diverso. Dopo aver ultimato il primo lavoro mi sono accorto che mi piaceva scrivere e così ho continuato finché questo libro non è stato ultimato. Non è stato facile perché Bitglobal, non nasce da una esperienza realmente vissuta, ma dal frutto della mia fantasia e per questo ho dovuto lavorarci parecchio.

L’ultimo cliente si chiude con l’avvocato Pugliatti che abbandona la professione per dedicarsi all’amministrazione. Non ha pensato di farlo tornare in questo romanzo e di creare, eventualmente, una saga su di lui?

Ritengo che l’esperienza dell’Ultimo cliente sia qualcosa di concluso e di definitivo. Ho pensato se darre una continuità al personaggio di Pugliatti ma poi ho preferito non farlo per due motivi. Il primo è che sono interessato a costruire nuove storie, nuovi personaggi, nuovi microcosmi. Riuscire a pensare a un nuovo personaggio, riuscire a crearlo, a dargli una sua psicologia, una sua storia familiare è una sfida sempre nuova e, quando ci si riesce, è qualcosa di gratificante. Il secondo motivo si lega in parte al primo. Infatti nella tradizione giallistica nostrana, ma anche estera tolte alcune eccezioni, si ha l’abitudine di affidarsi al personaggio seriale. Basare un nuovo libro su un personaggio che già si conosce è avere un libro scritto a metà. Sai già da dove viene, che storia ha alle spalle, non devi fornire spiegazioni sul perché si comporta così e, con il tempo, perde un po’ del suo fascino o della suspance e io ero interessato a creare qualcosa di completamente nuovo.

Pugliatti e Giuliani sono entrambi due avvocati. Che analogie e che differenze potremmo trovare tra questi due personaggi?

Il nome di Pugliatti è un omaggio che mi sono sentito di fare a un grande giurista italiano. Il Pugliatti protagonista de L’Ultimo cliente inoltre rispecchiava molto di me. Per Giuliani è diverso. È vero, mi sono ispirato al celebre sindaco di New York Rudy Giuliani, ma, a differenza di Pugliatti, non ho scelto il nome per quella ragione. Ho scelto il dome di Giuliani perché avevo in mente di rivolgere questo libro a una platea che fosse sia italiana che internazionale, rivolgendomi in particolar modo al pubblico americano. È proprio negli USA si parla molto dei Bitcoin, perfino la loro legislazione ha rivolto le sue attenzioni a questa tematica, quindi per loro è un argomento ben presente. Con il mio romanzo volevo dare dei nomi che fossero familiari anche a loro, come appunto Giuliani. Ma anche lo stesso avversario di Giuliani, Montalcino, è un nome che alle orecchie di un lettore americano risulta comunque familiare grazie alla grande cultura dei vini italiani che si è venuta a formare nel corso degli anni.

Se aveva pensato a un pubblico come quello americano, perchè ha scelto di ambientare parte del suo romanzo a Londra e non a New York?

Perché tra le due, Londra la conosco meglio. L’ho visitata per piacere ma anche, e sopratutto, per lavoro. Inoltre l’isola di Jersey, che fa parte di quel gruppo di isole che si trovano nella manica, nel periodo in cui è ambientato il romanzo era assai attiva per quanto riguarda i Bitcoin, tanto che si prospettava la possibilità di diventare la terra dove investire nei Bitcoin. Inoltre le isole della manica, pur essendo molto vicine a noi, hanno un fascino esotico non indifferente che mi ha sempre colpito e non riuscivo a pensare ad altri luoghi se non a questi per il mio romanzo.

Ha mai pensato a un adattamento del suo lavoro per una trasposizione televisiva?

Ho pensato ad un adattamento e un po’ ci spero. Quando scrivo cerco sempre di immaginarmi di vedere un film. Credo molto nelle potenzialità del cinema e delle serie televisive e penso che possano essere dei partner ideali da affiancare al libro, per raccontare una storia.

Quali sono i suoi progetti per il futuro?

Sto scrivendo un terzo romanzo che, come i due precedenti, è una storia di estrema attualità e sempre come è accaduto nei due titoli precedenti, vede l’Italia come palcoscenico principale. Solo che non è un’Italia come viene vista nella mentalità corrente o nella tradizione letteraria nostrana, cioè un paese piccolo di provincia. È una nazione che ha un grande scambio con la realtà internazionale. Nella tradizione letteraria nostrana si parla sempre o di mafia o di intrighi politici, ma sono tutte realtà provinciali, vagamente nazionali. Questa visione sembra voler confermare lo stereotipo estero di una Italia “Pizza, Mafia, Mandolino”, uno stato poco rilevante, ma non è così. Siamo una realtà dinamica che si confronta in continuazione con il mondo estero, anche se non nego che abbiamo i nostri problemi, ed è giusto iniziare a vederci anche in quest’ottica. Ed è qullo che voglio fare con i miei libri.

Gabriele Scandolaro

Mi chiamo Gabriele e sono un lettore. Ho iniziato a leggere quando ero molto piccolo, complice una nonna molto speciale che invece delle classiche favole riempiva le mie giornate raccontandomi i capolavori teatrali di Shakespeare e di Manzoni. Erano talmente avvincenti le sue narrazioni che, appena mi è stato possibile, ho iniziato a leggere per conto mio. Ma terminato il mio primo libro ne ho iniziato subito un altro. Poi un altro. Da allora non riesco più a smettere di leggere. Quando non leggo o studio, lavoro come Educatore e suono il violino.

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