Paolo Roversi è in libreria dal 4 gennaio con il suo ultimo giallo, “L’ira funesta”, edito da Rizzoli. Lo abbiamo incontrato al Nebbiagialla, il festival letterario che lui stesso organizza a Suzzara, in provincia di Mantova. La sua città natale è non solo lo sfondo, ma uno degli elementi di maggior suggestione del suo ultimo lavoro.
Il protagonista del libro, oltre ad un nuovo detective, il commissario Valdes, catapultato dalla Sardegna nello “strano paese” della Pianura Padana chiamato Piccola Russia, è un certo Gaggina… Ce ne vuole parlare?
Gaggina è un classico matto di paese, uno di quei tanti che si aggirano qui nella Bassa, ma penso anche in molte altre zone della provincia italiana. È un omone alto due metri che si crede la reincarnazione di un Samurai. Un giorno rimane senza le sue pillole calmanti e si scatena: facile trasformarlo in un mostro quando in paese avviene un omicidio. Per creare questo personaggio, come d’altra parte tutti gli altri che agiscono nella vicenda, mi sono ispirato a persone reali, che ho conosciuto.
Lei, oltre ad essere scrittore di gialli e sceneggiatore, è anche organizzatore del Festival NebbiaGialla e direttore del sito MilanoNeraWebPress. Come è nata la passione per questo genere letterario? Quali sono i suoi autori di riferimento?
Innanzitutto io faccio lo scrittore perché ho letto per caso Bukowski quando avevo 18 anni e da quel momento scrivere è diventato una necessità. A parte i temi trattati aveva uno stile inconfondibile e poi racconta dei mille mestieri che ha fatto prima di coronare il suo sogno. A 50 anni infatti riesce a licenziarsi e trovare un editore che gli dà 100 dollari al mese per scrivere e gli pubblica tutto. Per un giovane scrittore è davvero una molla. Se parliamo di gialli e di noir ho tre autori di riferimento, che sento più vicini a me come storie e come ambientazioni. Il primo, che racconta i luoghi i sapori e i profumi della città insieme al suo investigatore è Vazquez Montalban con il suo Pepe Carvalho . Il mio Radeschi nasce con lui. Non erano solo dei gialli, c’era un mondo intorno. È la stessa cosa che accade con Jean Claude Izzo e la trilogia di Marsiglia. È il nostro noir dal sangue caldo. Non mi riconosco negli autori nordici. Non hanno per esempio la cucina ed è un elemento per me fondamentale. Poi ci sono due maestri americani: uno è James Ellroy con “Sei pezzi da mille” e “American tabloid” e l’altro è una scoperta recente che ha però superato tutti ed è Don Winslow che con “Il potere del cane ha “ucciso” tutti noi scrittori di gialli perché è davvero strabiliante.
L’ambientazione in un paese di provincia così specificamente caratterizzato non può costituire un limite, un riferimento preciso solo per chi vi si può riconoscere?
In realtà no perché vedendo le recensioni dei miei libri sui giornali o i siti esteri, noto che apprezzano proprio l’aspetto dell’ambientazione. La cosa più divertente è stata quando qualcuno ha commentato: “Leggendo quelle pagine mi sembrava proprio di ritornare con la mente alle vacanze trascorse quest’estate in Italia!”
Balzac d’altro canto diceva che per interessare il mondo bisogna parlare del proprio giardino. Io stesso comunque mi sono stupito del successo del libro che mi ha lanciato, “La mano sinistra del diavolo” (edito da Mursia e vincitore del Premio Camaiore, ndr) che era ambientato in un piccolo paese e raccontava di una vendetta, una rivincita a distanza di anni. In realtà quel che contava in quel caso era l’universalità della vicenda. È molto importante quindi la storia, come è raccontata e come è percepita.
Quali sono invece gli ingredienti del suo festival?
È un festival particolare nella forma e nell’atmosfera. Quello che si è voluto creare in questi anni è un clima di convivialità, di completa armonia tra scrittori e lettori che si possono facilmente incontrare. Non c’è una separazione come in altri festival: qui si mangia insieme tutti nello stesso posto e ci si può sedere accanto al proprio scrittore preferito e magari conversarci tutta sera. Tutto ciò è possibile in una piccola città, che per tre giorni si veste di giallo dal teatro alla biblioteca e ad alcuni locali pubblici. Il bello è anche il fatto è che tra gli scrittori nascono progetti, collaborazioni, idee.
A questo proposito, progetti futuri?
A Suzzara abbiamo presentato il corto de “L’ira funesta”, in cui il Gaggina è interpretato da Stefano Chiodaroli, davvero perfetto in quel ruolo e il barista da Sergio Scorzillo . Ci auguriamo che abbia successo e che, chissà, a qualcuno possa interessare realizzare un film…
Da ultimo ci vuol dare un messaggio per Gli Amanti dei libri?
Con piacere saluto i lettori, che sono la cosa più preziosa che abbiamo noi scrittori. Un mio prof del liceo diceva: ”Non voglio che adottiate l’antologia, dovete comprare i libri degli autori che studiamo!” Molti ribattevano: “Comprare 10 o 15 libri è un costo!” Lui rispondeva semplicemente: “Ragazzi, solo l’ignoranza è gratuita!”
I libri quindi vanno comprati e letti!