In seguito all’uscita del suo primo libro autobiografico “La stoccata vincente“ abbiamo intervistato Paolo Pizzo, schermidore italiano vincitore della medaglia d’oro al Campionato mondiale di scherma del 2011 (gara individuale del torneo di spada), argento agli Europei di scherma di Strasburgo 2014 (gara individuale di spada) e argento alle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016 nella spada a squadre. Una persona umile, determinata, schietta e sincera nel libro come nell’intervista che è riuscita a lottare e battere l’avversario più difficile della sua carriera: un tumore al cervello in età adolescenziale.
Il suo primo libro autobiografico è un incredibile mix di emozioni e di spunti per capire nel profondo il “Pizzo sportivo professionista” ma, soprattutto, il “Pizzo uomo”: emotivo, sincero, diretto, determinato, rigoroso, permaloso, umile (…). Cosa manca in questa lista di aggettivi per rappresentare al meglio i due “Pizzo”?
Certamente posso aggiungere “insicuro” ed “innamorato della vita”.
La mia determinazione nasce dalla continua voglia di nascondere e poi superare definitivamente le mie tante insicurezze. Non parlo solo di pedana, ma di tutto ciò che la vita mi pone davanti. Vita di cui sono entusiasta, anche quando la mia serenità viene messa alla prova da momenti difficili. In realtà una parte di me gode anche quando sono in crisi per qualche motivo, e devo da solo trovare risorse per uscirne.
Nel libro racconta di un avvenimento molto doloroso che ha messo a dura prova il suo spirito di “attaccante puro”: un cancro al cervello diagnosticato all’età di quattordici anni. Quanto è stato complicato, per un ragazzo così giovane, accettare la malattia, seguire le cure mediche e convivere con un senso di paura di non farcela?
In realtà non sono mai stato in grado di accettare la malattia. Nel profondo di me non riesco tuttora ad essere obiettivo al punto da lasciare alle spalle del tutto quel periodo che mi ha segnato per sempre. Nel periodo pre-operatorio ho odiato il tumore e avrei voluto distruggerlo con le mie mani. Le cure mediche erano la soluzione e seguirle è stato del tutto naturale, anche perché fin dal primo momento di diagnosi ho messo tutta la mia esistenza nelle mani della mia famiglia, di cui avevo ed ho piena fiducia. La paura di non superare il male era latente. Ogni volta che questo pensiero provava a farsi strada io facevo muro, e non saprò mai se questa “lotta interiore” ha influito sulla guarigione. Ma riconosco la mia forza d’animo e ricordo distintamente la mia battaglia mentale con la paura di non farcela. Non potevo mollare (mio padre si sarebbe arrabbiato ).. E non ho mollato.
Durante questo periodo cupo della sua vita quali sono stati i punti cardine che le hanno dato la forza di reagire e di uscire fuori dal tunnel?
Certamente l’ amore per la scherma e la forza che mi trasmetteva la mia famiglia sono state le chiavi per la mia “rinascita”. Ho attraversato momenti tosti e anche nel post operatorio se mia madre non mi avesse riportato a vedere una gara di scherma non so che fine avrei fatto. Ero svuotato di energie ed apatico. Poi , appena ho rivisto quegli atleti e ho sentito le loro urla di esultanza in gara, tutto è stato molto più semplice. In breve tempo ho trovato stimoli ed obiettivi che mi hanno permesso di tornare pian piano alla vita di tutti i giorni.
La sua testimonianza è molto significativa per tutte quelle persone che stanno lottando contro il “male oscuro” del XX e del XXI secolo. Cosa si sente di dire a tutti coloro che si trovano in questa dura situazione?
Mi capita spesso da anni di poter interagire con chi sta attraversando un periodo di malattia simile al mio. A tutti loro e alle loro persone care provo sempre a far capire quanto sia importante la componente morale nella sfida al cancro. È una malattia bastarda che vince spesso purtroppo. Ma non possiamo permetterle di vincere facile, senza lottare con tutte le nostre forze. Questo è ciò che mi permetto di consigliare dalla mia posizione di ex malato, che sicuramente è privilegiata rispetto a tutti i protagonisti dei messaggi che ricevo. Per me non è facile. Non sono certo un medico. Ma anche in questi casi cerco solo di dare il meglio e aiutare chi ha bisogno di conforto.
Attualmente fa parte dell’AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro). Qual è il suo ruolo e il suo obiettivo all’interno di questa importante associazione?
Sono e spero di poter essere sempre testimonial AIRC. E’ un’associazione che ho imparato a conoscere negli anni e di cui mi fido ciecamente. Sostengono la ricerca sul cancro in maniera lineare e concreta. Sono stato in molti ospedali in Italia a visionare da vicino i risultati della loro attività e l’obiettivo di rendere il cancro sempre più curabile è un dato di fatto, testimoniato da studi scientifici e da dati inconfutabili. Resta il fatto che in Italia vengono accertati circa 1000 casi al giorno, ed è per loro, per i malati, che ci metto la faccia e ricordo anche a chi sta bene che la ricerca va sostenuta sempre e non soltanto quando se ne ha bisogno.
Nel libro dichiara “per educazione e per scelta schifo il doping…la mia droga per me è la mia gente, la mia famiglia, il sentirmi a casa.” Che cos’è il doping per Paolo Pizzo? Oggi giorno, nonostante tutti i mezzi per debellare il doping dallo sport, compaiono costantemente notizie di atleti pluri-medagliati che ne hanno fatto uso. Secondo lei in che modo è necessario intervenire affinché le competizioni possano avvenire nella modalità più “pulita” possibile?
Io sono assolutamente per la tolleranza zero. Qualora un atleta, un allenatore o un medico venga con certezza accostato a reiterate pratiche illecite in materia di doping, secondo me va fatto fuori dall’ambiente. Magari non assisteremmo più a certi record o a prestazioni sorprendenti. Ma il fascino dello sport per come lo intendo io non può prescindere da ambienti puliti sotto questo punto di vista. Non riconosco certi idoli che fanno della chimica la base delle loro vittorie.
Nel 2012 ha partecipato alle Olimpiadi di Londra che le hanno regalato delle emozioni contrastanti: stupore, felicità e grande energia all’inizio e una cocente delusione dopo la sua eliminazione in pedana. Un nuovo periodo buio, la perdita di autostima e poi il duro lavoro che le ha permesso di salire sul secondo gradino del podio a Rio de Janeiro quest’estate con i suoi compagni di squadra Garozzo, Fichera e Santarelli. A parte l’esito finale, in che modo ha vissuto le due olimpiadi e come è riuscito a far ripartire la sua voglia di raggiungere risultati sportivi importanti dopo Londra 2012?
A Londra ho vissuto un’Olimpiade da novizio. Sempre all’inseguimento degli sportivi famosi per una firma o una foto. Nel 2012 ero numero 3 del ranking mondiale e mi sono presentato in gara con la voglia di fare medaglia certo, ma non ero ancora maturo per il podio.
A Rio invece ho raggiunto il mio sogno sportivo, la medaglia conquistata con i miei compagni di squadra rispecchia una mole di lavoro inimmaginabile per chi non è stato pienamente dentro il progetto. Abbiamo dato tutto, giorno e notte per anni. E devo ammettere di essere stato fortunato a trovarmi in un gruppo del genere . Dopo Londra ci voleva un progetto vincente e una volta trovata l’ alchimia giusta la nostra squadra ha conquistato obiettivi impensati in partenza. E non finisce qui..
Nel libro dichiara “non ho mai apprezzato il talento in quanto tale ma la grinta, la capacità di un atleta di lottare e raggiungere un grande risultato”. Sarà, quindi, d’accordo con Alfredo Calligaris quando afferma che “un atleta si costruisce in primis dalla testa in su”. Anche lei allena la mente per raggiungere i suoi obiettivi sportivi e, se sì, in che modo?
Ho cominciato solo dal 2016 a lavorare con un mental coach. La nostra sintonia è stata immediata e da subito ho capito che poteva darmi un marcia in più. Anzi, ammetto di provare un certo rammarico nel rendermi conto che avrei potuto utilizzare una figura del genere già da tanti anni nella mia carriera.
Lui mi ha dato armi ulteriori e specifiche per approcciare al meglio la gara.
Parallelamente quando voglio staccare un po’ dalla pressione dei risultati ho un metodo infallibile: qualche giorno nella mia Sicilia e riparto carico a mille!
Sicilia, Amore, Famiglia, Amici, Scherma, Marathias (isola greca), tutti punti imprescindibili della sua vita. Provi a fare uno sforzo emotivo…quale di queste cose non riuscirebbe assolutamente a farne a meno?
Direi nessuna. Difficile privarmi di una queste sfere. Ma se proprio dovessi forzarmi , direi che ogni ora senza mia moglie è diventata un’ora senz’aria. Sono molto fortunato ed innamorato. Non sempre è facile fare una valigia e preparare una lunga trasferta separandomi da lei.
Nel libro ogni momento importante della sua vita è associato ad una canzone. In questo momento della sua esistenza che canzone c’è nel suo i-pod e quale le piacerebbe ci fosse nel suo imminente “domani”?
Al momento la memoria del mio ipod contiene vari brani del repertorio di mia sorella Marina: cantautrice, vive a Berlino e la sua musica aiuta a tenerci vicini. In più mi da una gran energia. Nella sua voce sento la bellezza della mia famiglia e rivivo il calore dei nostri ” MOMENTI ” riuniti alle pendici del Vulcano.
Ogni volta che l’Etna erutta Paolo Pizzo raggiunge sempre un grande successo sportivo. Cosa si augura che succeda durante la prossima eruzione?
La prossima eruzione dell’ Etna potrebbe accadere durante le prossime Olimpiadi di Tokio nel 2020. Sto lavorando per quello. Spero sia un’ eruzione grandiosa…dorata!
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