A tu per tu con… Nunzia Penelope

Le notizie di attualità continuano a porre la nostra attenzione su una situazione dolorosa quanto importante: il nostro è un paese ricco, abitato da poveri. Abbiamo incontrato la giornalista economica Nunzia Penelope, già autrice di “Soldi rubati”, la quale è da poco tornata in libreria con una nuova scottante inchiesta: Ricchi e poveri. L’autrice sottolinea i tratti che caratterizzano la situazione della distribuzione della ricchezza nello stivale italico, inserisce dati e parametri di valutazione oggettivi, confezionando un’indagine destinata a far discutere e riflettere.

Il 10 % degli italiani possiede metà della ricchezza nazionale, il 90 % si divide quel che resta. Quali sono le condizioni che hanno permesso di arrivare a questo punto?

E’ un tema su cui non si interroga quasi nessuno, è preso come un dato acquisito: la ricchezza è concentrata in poche mani. Nella mia inchiesta ho scoperto che la situazione è proprio questa. Le cause naturalmente non sono da ricercarsi nel periodo attuale, la ridistribuzione della ricchezza avviene attraverso mezzi precisi, ovvero attraverso scelte di politica economica che fanno i governi. Esse sono basate sul sistema fiscale e sullo stato sociale; sono sistemi per ridistribuire la ricchezza e mettere soldi in tasca ai poveri, che non vuol dire impoverire i ricchi, ma ridistribuire l’economia. In Italia questo non è avvenuto negli ultimi anni, perché le leggi fiscali hanno sempre puntato al contrario, penalizzando i più deboli e lasciare quasi intatte le fasce dei più ricchi. La famosa progressività del fisco, in realtà, lo è solo a parole.

Secondo lei, quali sono i danni maggiori di questa disuguaglianza sociale così marcata?

I danni maggiori sono di due tipi: un danno etico-morale-sociale per cui si può ritenere non giusto il fatto che ci siano persone spaventosamente ricche e spaventosamente povere, ma al di la di questo, credo che la cosa grave sia l’impoverimento della popolazione. Esso provoca un crollo dei consumi, e di conseguenza un crollo dell’economia, le fabbriche chiudono, negozi abbassano le serrande e tutto questo crea nuovi disoccupati che a loro volta potranno consumare sempre di meno; la celebre frase di Keynes “Il reddito di un uomo è la spesa di un altro uomo”. E’ quindi chiaro che un crollo dei consumi provochi un crollo dell’economia, che poi sia giusto o sbagliato creare un sistema economico sui consumi, non lo so, non sono un’economista, però oggi questo è e questo accade in Italia. Crollo del reddito, crollo dei consumi, crollo dell’economia.

Negli altri paesi europei si è arrivati ad una situazione simile alla nostra? Come mai?

Siamo tutti, purtroppo, nella stessa situazione, tanto è vero che qualche giorno fa tutti i popoli europei sono scesi in piazza contro tutti i governi europei. L’unico giornale italiano che ha azzeccato il titolo è stato il “Fatto Quotidiano”, e il titolo era: ”Popoli contro Tecnici”. In Europa siamo più o meno tutti nella stessa barca, con sfumature leggermente diverse; ad esempio in Francia, Hollande sta cercando di introdurre una tassa patrimoniale, che invece in Italia non è possibile neanche nominare. Stanno facendo delle cose molto più interessanti in altri Paesi, ad esempio mi ha colpito molto una cosa che ho letto sul Brasile, paese che ha moltissime ricchezze naturali, ma un tasso di povertà molto alto. Ebbene, il governo brasiliano negli ultimi anni ha adottato un salario minimo garantito a 23 milioni di brasiliani. Questi 23 milioni di brasiliani si son trovati in tasca un reddito  ed ha cominciato a spenderlo e questo ha rimesso in moto l’economia brasiliana; un’altra cosa molto interessante è stata la creazione di un fondo sovrano, nel quale riversare i proventi della vendita del petrolio, e questo fondo sarà riservato a realizzare un enorme piano di istruzione per tutto il Brasile. Hanno capito che l’istruzione l’aspetto su cui investire, noi invece tagliamo le risorse alla scuola pubblica, non abbiamo ancora capito che bisogna cambiare.

Il passaggio dalla lira all’euro ha influito sull’aumento della distanza tra ricchi e poveri?

Vorrei fare una premessa: sono sempre stata favorevole all’Euro e lo sarò sino alla morte. Penso che, contrariamente a una leggenda metropolitana molto di moda ultimamente e cioè che l’Euro sia stata la nostra rovina, ricordo che immediatamente prima di entrare nella moneta unica, l’Italia aveva uno spread di 600 punti, poi siamo entrati nell’Euro e lo spread è sceso a 20 punti. L’introduzione dell’Euro in Italia è stata gestita in maniera disastrosa, non è stato effettuato nessuno controllo, i commercianti hanno iniziato a fare l’equazione un Euro= Mille Lire, e questo ha causato un incremento dei prezzi. Anche sui salari dovremmo riflettere: lo stipendio medio in Italia è 1200 euro ed è una miseria, pensiamo però che equivalgono a 2 milioni e mezzo di una volta, con i quali ci si poteva sentire benestanti. Questa è una delle cose per cui l’euro è stato gestito male, anche se ci ha salvato la vita.

“La ricchezza non fa la felicità ma fa la differenza”, commentiamo questa sezione del suo libro? Cosa si può fare: lotta o rassegnazione?

E’ una sezione in cui analizzo esattamente cosa vuol dire essere ricchi ed essere poveri nella vita quotidiana: la casa, le vacanze, salute, scuola e shopping. Una persona può ritenere evidente la differenza tra ricchi e poveri, ma c’è una grande diversità; anche io pensavo fosse scontata ma non è così. Ho scoperto, e mi riferisco a dati ufficiali, che possedere una casa di proprietà oggi è considerato un elemento di povertà, mentre si pensava fosse un valore. Avere una proprietà è elemento di impoverimento per gli italiani.

Lei cosa ne pensa dei giovani, della loro situazione lavorativa, a dir poco tragica, e dei continui “attacchi” che ricevono da chi li rappresenta?

Fino a qualche anno fa facevo parte di quella schiera di gente che criticava i giovani, ma purtroppo andando a vedere le cose da vicino, scopri un mondo completamente diverso; nel mio libro ci sono molti punti in cui io parlo di quella che Monti ha definito “La Generazione perduta” e purtroppo devo dire che in questo caso aveva ragione. Ho scoperto dietro le casse di supermercati di Roma, laureati e gente brillante, potevano avere delle possibilità che però non hanno più e si sono rassegnati a star dietro la cassa di un supermercato. Non c’è niente di male in questo, però quando una di queste ragazze mi disse “io ho trent’anni, non mi aspetto niente, non credo in niente, non ho un futuro”, mi veniva da piangere. Effettivamente è proprio così, e penso che qualcuno debba farsi carico di una situazione del genere; non è possibile buttare via così una generazione (anzi due). Io vorrei mandare il ministro Fornero a farsi un giro negli ipermercati di Roma per verificare quanti ragazzi ci lavorino, laureati brillantemente in discipline anche complesse. Questo vuol dire essere “choosy”?

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Riccardo Barbagallo

Lavoro da qualche anno nell'editoria, mi occupo di comunicazione per editori e autori e sono un digital addicted. Al contrario di altri, non mi posso definire un lettore da sempre, 'La coscienza di Zeno' in prima media è stato un trauma troppo forte da superare per proseguire serenamente la relazione con la lettura. Più avanti ho deciso di leggere un libro per piacere, e non per obbligo, ed è stato lì che ho capito quale sia la vera forza della lettura: la capacità di emozionare. Credo che sia questo il segreto, se così possiamo definirlo. Non ho più smesso.

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