Il 2 maggio 2012 è una splendida giornata di sole a Milano mentre raggiungo l’hotel in cui alloggia Nicholas Sparks per un’intervista. Mi aspetta un’ora in compagnia del romanziere tra i più apprezzati al mondo, padre di numerose storie d’amore, circa 80 milioni di copie vendute e tradotte in tutto il mondo, da 16 anni senza rivali.
Gli incroci congestionati, i semafori pedonali, l’attrezzatura di Susanna, fotografa di fiducia, la borsa pesante di libri ed appunti, niente riesce a distrarmi.
Arriviamo all’hotel, l’auto con i vetri oscurati parcheggiata all’ingresso e gli uomini dello staff in abito scuro e gemelli dorati ai polsi suggeriscono che Nicholas è già arrivato. Nella elegante hall dell’albergo incontriamo una collaboratrice dello scrittore ed abbiamo pochi minuti per disporre l’attrezzatura nella saletta privata prima che un’allegra parlata americana giunga dalle scale. E’ Spaks, stringo la mano che ha vergato sogni d’amore in parole incantando milioni di lettori.
Iniziamo con qualche curiosità…
“The Notebook”, 1996, è stato il suo primo romanzo ma prima ne aveva scritti altri due che non sono mai pubblicati. Se neanche The Notebook avesse visto la luce, avrebbe continuato a scrivere?
Quando mi sono seduto a scrivere “Le pagine della nostra vita” mi sono dato tre possibilità per portarlo a termine e se non fossi riuscito a scrivere questo romanzo probabilmente mi sarei buttato su un altro genere letterario, magari il thriller, oppure avrei scritto “Harry Potter”, chi può dirlo! Tuttavia ero a posto con la mia coscienza, anche se avessi avuto un fallimento come autore, non volevo rimproverarmi di non averci provato abbastanza. C’ho provato al massimo delle mie potenzialità e quindi non ho dovuto affrontare il fallimento.
Tutti i suoi romanzi sono ambientati in North Carolina, dove vive. Cosa in particolare la lega a quella zona e la ispira?
Sì, vivo in North Carolina ed è una bellissima regione, per me non c’è un luogo paragonabile al Sud America dal punto di vista paesaggistico! I fiumi scorrono lenti, ci sono interi parchi di querce e grosse farfalle, cieli stellati fantastici, dunque è un luogo estremamente evocativo per ambientare storie d’amore in cui le persone entrano in contatto con le loro emozioni.
Tutte le sue storie parlano di amori messi a dura prova dal destino e i suoi personaggi, ad un certo punto, arrivano a chiedersi se debbano seguire il cuore o fidarsi della propria razionalità. Qual è la distanza tra emozioni ed azioni?
Spesso non si riesce a controllare le emozioni. Il controllo delle emozioni è una risposta alle emozioni stesse. I miei personaggi riescono sempre a fare la cosa giusta perché sono leali con i loro cari e restano fedeli ai valori più importanti. Non sempre è facile fare la cosa giusta e credo che ai miei lettori piaccia questa caratteristica, che dia loro un senso di speranza. La maggior parte delle persone è razionale il più delle volte ma se seguissero sempre le loro emozioni “a caldo” sicuramente avrebbero problemi e scontri con gli altri, scatenerebbero rabbia, malumori… se si attende e si fa passare la notte il giorno seguente si affrontano le cose in modo migliore.
Il suo ultimo successo diventato un film, ‘The lucky one’, (“Ho cercato il tuo nome” è il titolo italiano), è una splendida e travagliata storia d’amore che inizia con qualcosa che succede in Iraq. Ce ne parli.
In superficie questo romanzo parla di questo marine che trova una foto a terra durante la sua missione in Iraq. Si aggrappa a questa fotografia considerandola un portafortuna e non se ne separa per il resto della missione. Una volta tornato a casa affronta una serie di problemi: lotta con se stesso affrontando diverse perdite tra i suoi amici, soffre di stress post traumatico, è sentimentalmente ferito. Che cosa fare per affrontare e curare queste ferite? Prima di tutto decide di andare a cercare la ragazza nella foto, fosse anche solo per dirle grazie per il servigio che gli ha reso inconsapevolmente, ma non ha nessun altro piano. Ad una lettura più attenta emerge che il messaggio sta nella potenza curativa dell’amore, è ciò che fa guarire le persone, rimargina le ferite. Accade anche alla ragazza nella foto, Beth, giovane madre separata che riesce a superare i suoi problemi proprio grazie all’amore.
“The Lucky one” è il settimo film tratto dai suoi romanzi. Anche in questo caso è stato sacrificato molto della storia? E’ d’accordo con la scelta degli attori Zac Efron nel ruolo di Logan e di Taylor Schilling come Beth?
Non mi dispiace affatto che la mia storia sia stata riadattata, non vedo che c’è un sacrificio tra la trasposizione cinematografica e il romanzo. Questo film mi è piaciuto molto come tutti gli altri film tratti dalle mie storie. Si tratta di capire che il romanzo esprime una storia in parole, il cinema la esprime con immagini. Quindi se non si riuscisse ad operare questa trasposizione, le cose non potrebbero funzionare, è una componente insita e necessaria del passaggio da romanzo a film. Tutto ciò che chiedo è che non si tradiscano lo spirito, gli intenti e la personalità dei miei personaggi. Volevo che Logan rimanesse il ragazzo di sani principi che è nel libro, che Beth restasse la madre affettuosa, la ragazza che soffre per la morte fratello in guerra. E che facciano il miglior lavoro possibile! Il regista e gli attori hanno fatto un lavoro straordinario, non soltanto tecnicamente, perché è evidente la profondità emotiva e la chimica che si crea tra loro, emerge il rapporto in evoluzione nonostante i rapporti problematici attorno a loro. E’ un’ottima prestazione recitativa che trasmette un grande amore.
I suoi lettori sono di tutte le età anche quando i protagonisti della storia sono molto giovani. Come riesce a far immedesimare nei suoi personaggi un pubblico così ampio?
Dipende dai libri. L’ultimo libro, “The last song”, parla di un amore giovanissimo ma anche del rapporto di padre-figlia. Si osservano quindi diversi range di età tra i personaggi e diversi tipi di amore, non solo quello tra uomo e donna. “Ho cercato il tuo nome” ha personaggi tra i 20 – 25 anni ma c’è anche il ruolo della nonna di Beth che offre uno spaccato su un’età diversa ed un diverso tipo di affetto. “Il meglio di me”, il mio ultimo romanzo, è la storia di due quarantenni che sono stati innamorati quando avevano circa vent’anni… Si tratta costruire sapienti intrecci affinché tutti possano sentirsi emotivamente partecipi, esplorando personaggi di diverse età.