A tu per tu con… Marina Fiorato

 L”Hotel Manin di Milano è diventato la location abituale per le interviste degli Amanti dei Libri! Stavolta tocca a me fare una visita al sontuoso albergo in centro città, per incontrare l’aurtice de “La ladra della Primavera”, romanzo intrigante che è già un successo in Inghilterra, ed è stato pubblicato in ottobre nella sua versione italiana. La simpatica Marina Fiorato, scrittrice esperta di storia dell’arte italiana ed innamorata del Bel Paese, ha debuttato in Italia con questo libro sul rinascimento fiorentino ed ora mi aspetta per fare una bella chiacchierata: é seduta al tavolo insieme a me, semplice e carina nel suo vestito colorato mi mette subito a mio agio facendomi un gran sorriso e mi invita ad incominciare con le domande…

Innanzitutto vorrei che ci concentrassimo sull’analisi dei personaggi de “La ladra della Primavera” e la prima domanda riguarda Luciana, protagonista del romanzo: come mai ha deciso di assegnare il ruolo di voce narrante ad un personaggio che si presenta ai lettori come una ragazzina popolana e sempliciotta? E’ forse la sua simpatia, unita al suo fare disinvolto a renderla adatta a tale compito, perché accattivante e in grado di stimolare l’interesse dei lettori?

Esattamente. In parte la decisione di adottare la prospettiva di Luciana per raccontare la storia nasce dall’ironia del personaggio, che si rivela una narratrice fuori dal comune, capace di cogliere sempre il lato divertente delle situazioni che vive e abile nel descrivere con malizia ogni aspetto della realtà che la circonda. Ma la mia scelta di porre lei al centro del romanzo deriva soprattutto dall’osservazione della Primavera di Botticelli, dipinto in cui ho notato che il personaggio di Flora, a cui Luciana presta l’espressione sfacciata che ha sul volto sorridente, sembra nasconda un segreto da rivelare agli osservatori infatti si sporge in avanti verso il limite del quadro come se volesse raccontare qualcosa. Per questo ho visto in Flora la guida adatta ad accompagnare i lettori in tutta la storia. Luciana veste i panni di Flora ma nella realtà è una giovane prostituta, astuta ed intelligente ma ignorante nel senso che non possiede cultura né letteraria né artistica: è dunque un personaggio puro, e la sua ignoranza in questi termini è importante perché il romanzo è una specie di caccia al tesoro e i lettori scoprono insieme a Luciana una dopo l’altra ogni fase del gioco, accompagnandola nel suo viaggio alla scoperta del segreto contenuto nella Primavera. Come controparte a Luciana il colto Guido ha sempre pronta una citazione ed appare quasi tedioso, eccessivo quando dispensa i suoi insegnamenti tanto che spesso Luciana si irrita nell’ascoltare le spiegazioni del frate, e sotto sotto credo si irritino anche i lettori. Ho scelto Luciana e non Guido per il ruolo di narratore perché ho visto in lei la purezza di una tabula rasa, e credo che per i lettori sia più interessante essere guidati lungo il percorso da un personaggio che come loro è ignaro di quel che succederà. Spero che questo approccio sia apprezzato.

Si, quello di Luciana è in effetti un approccio particolare alla narrazione, soprattutto rispetto a quello che potrebbe essere attribuito a Guido che avrebbe un’ impostazione più tradizionale, quasi accademica. E visto che il personaggio è già stato menzionato, passerei alla domanda che riguarda proprio il bel frate: la prima cosa che mi è venuta in mente leggendo del passato da nobiluomo di Guido è stata la possibilità di accostare il suo personaggio al detto “l’abito non fa il monaco”. Guido infatti non incarna la figura del monaco tutto preghiera e devozione, anche se all’apparenza può sembrarlo: nel corso del romanzo i lettori scoprono insieme a Luciana che oltre la corazza fatta di rigore e rispetto per le regole dell’ordine si nasconde un uomo tormentato e affascinante non soltanto per l’aspetto fisico ma anche per la sua bellezza interiore. Per creare un personaggio così profondo si è ispirata a qualcuno in particolare o è tutto frutto della sua fantasia?

Come ispirazione non posso che rispondere mio marito, altrimenti son guai! A parte questo, credo sia fantastico che come lettrice sia riuscita a vedere tutto questo nella figura di Guido. Sicuramente all’inizio egli viene immaginato come un uomo di bell’aspetto, pio e religioso ed emerge solo in un secondo momento il suo carattere coraggioso, dimostrato soprattutto con la disponibilità a sacrificarsi per il bene collettivo e credo non ci sia nulla di più spirituale, di più affine al messaggio di Gesù Cristo che il sacrificarsi per il bene degli altri. Un altro episodio da cui si evince la forza d’animo di Guido è quello che riguarda il periodo della sua incarcerazione: della prigione Guido parla ma mai in maniera approfondita, accenna soltanto alle sofferenze subite e questo la dice lunga sul suo coraggio e sulla sua capacità di sopportazione. In carcere finisce addirittura per uccidere una delle guardie che lo controllano impedendogli la fuga, gesto omicida che all’inizio della storia non si sarebbe considerato in grado di commettere. Guido subisce dunque una trasformazione profonda nel corso del romanzo, così come d’altronde succede a Luciana. Ora, come personaggio della vita reale ho tratto indubbiamente qualche spunto dalla figura di mio marito, mentre guardando alla letteratura ho trovato dei modelli di riferimento nei personaggi maschili di Jane Austin, che vedono rispecchiato il loro rango nobiliare nel livello d’istruzione che possiedono. Certo, Guido non è altezzoso al livello degli eroi della Austin, ma anche se cerca di nasconderlo dà ancora importanza alle sue origini elevate, si porta appresso la sua cultura e la sua sapienza e fa in modo che Luciana si renda sempre conto di quanto sia erudito.

Passiamo ora ad un altro personaggio dai tratti drammatici: la Vera Madre di Luciana, descritta come un personaggio apparentemente fatto di vetro, gelido ma nell’intimità capace di provare sentimenti intensi nei confronti della figlia. Nonostante sia coinvolta negli oscuri complotti politici dei Sette, la Dogaressa non può essere considerata un personaggio del tutto cattivo, è pur sempre una madre e quando si tratta di Luciana infatti mette da parte la sua perfidia riuscendo anche a compiere delle buone azioni. Come dovrebbero porsi i lettori nei confronti di questo personaggio? Dovrebbero condannarlo o perdonarlo, come sembra aver fatto infine Luciana?

Da madre quale sono anch’io, vorrei innanzitutto precisare che in questo ruolo non sono assolutamente simile a lei né lo è stata mia madre! Luciana aveva in sé il forte desiderio di incontrare la sua Vera Madre, e si può dire che con la fantasia avesse creato una donna perfetta, idealizzandone la figura che non trova però un riscontro reale. Forse quello che Luciana si era prefigurata può corrispondere alla realtà per quanto riguarda la bellezza della madre: la Dogaressa viene infatti elogiata per il suo splendore, ma Luciana si aspettava soprattutto il calore della madre, non vedeva l’ora di ricevere un suo abbraccio e di essere confortata da lei, e invece si trova davanti una donna fredda, potente, senza scrupoli, la Dogaressa appunto, che di fatto è il capo di stato veneziano dato che il doge è nient’altro che un burattino, una marionetta nelle sue mani. Quando io dipingo i miei personaggi cattivi sto attenta a non delinearli in modo che siano o solo bianchi o solo neri: sebbene siano capaci di compiere atrocità riescono anche a fare del bene ed è questo il caso della Dogaressa che dopo l’incontro con la figlia non riesce più ad essere malvagia come prima, infatti in certi momenti si lascia andare a dimostrazioni di affetto nei confronti di Luciana. Volevo creare per lei un personaggio strumentale al lieto fine del romanzo, e la Dogaressa si è rivelata la figura migliore per questo. Credo che i lettori non riusciranno ad amarla, ma probabilmente la ammireranno per l’altezzosa maestosità che trasmette e, nonostante le cattive azioni di cui si è macchiata, alla fine potrebbero apprezzare lo sforzo fatto per recuperare gli anni persi con Luciana.

Dopo aver parlato dei personaggi de “La ladra della Primavera”, ora rivolgiamo l’attenzione ai grandi temi del romanzo: sulla scia del modo di pensare di Luciana è possibile individuarne tre tra i principali, ossia amore arte e potere. Tra questi quale è stato quello da cui ha tratto ispirazione per iniziare a scrivere? Come li ordinerebbe in base all’importanza che hanno avuto nella costruzione della trama?

È una domanda molto interessante! Mi sento di rispondere mettendoli in quest’ordine: arte, amore e potere. Il primo posto spetta all’arte perché lo snodo centrale di tutta la storia è il dipinto del Botticelli; come secondo tema l’amore, perché prima ancora dell’incontro di Luciana con Botticelli la ragazza incontra frate Guido e tra i due scatta il colpo di fulmine senza sapere che avrebbero poi condiviso così tante avventure e che sarebbero rimasti insieme per sempre. Il terzo elemento è la lotta di potere per il predominio di alcune città stato italiane che si lega ai piani per l’unificazione della penisola architettati dal Magnifico e dai suoi seguaci. Questo tema è indubbiamente molto interessante ma penso che per un romanzo sarebbe stato poco proficuo incentrare le vicende attorno alla politica senza arrivare a toccare le corde del cuore dei lettori, perciò ho abbandonato l’idea di un romanzo eminente storico ed ho dato più importanza al tema dell’amore.

Visto che tutto ha avuto inizio con l’arte, come mai ha scelto di scrivere un romanzo sulla Primavera? Cosa l’ha colpita di questo quadro? Io che l’ho ammirato dal vivo posso dire di essere rimasta impressionata innanzitutto dalla grandezza del dipinto e dalle dimensioni imponenti delle figure in esso rappresentate; lei cosa ha letto nella Primavera?

Si effettivamente la prima volta che ho visto questo dipinto sono stata travolta anch’io dalla sua grandezza: sarei rimasta per ore ad ammirare i singoli dettagli, dalle finiture dei gioielli alle morbide ciocche di capelli, ogni tipo di fiore… La dimensione a grandezza reale fa sì che noi riusciamo a guardare negli occhi le figure rappresentate, simili a divinità pagane scese sulla Terra. Ho pensato di servirmi dell’interpretazione di Enrico Guidoni secondo la quale ognuna di queste figure rappresenterebbe una città perché mi ha suggerito l’idea di strutturare il romanzo ad episodi: ciascuno degli indizi presenti nei personaggi del dipinto poteva rappresentare un passo avanti nel romanzo, e così ho potuto occuparmi di ognuna delle otto città coinvolte in una sezione del libro, sezione che coincide con una tappa del viaggio di Luciana.

“La ladra della Primavera” parla dunque dell’Italia, e la traduzione del suo romanzo arriva da noi nell’anno della celebrazione del 150 anniversario dell’unificazione della penisola. Possiamo perciò dire che il disegno dei Sette che nel racconto sono percepiti come cospiratori e a cui è assegnato il ruolo di cattivi si è infine realizzato nella storia, anche se molto in ritardo rispetto alle tempistiche previste dai loro piani. Sembra quasi che ci sia stato un ribaltamento, poiché all’epoca di Garibaldi chi lottava per l’unificazione della penisola era il buono, o almeno tale viene considerato da noi italiani che oggi viviamo in questa nazione. Qual è il suo parere a riguardo del processo di unificazione italiana, è contenta che le diverse città stato abbiano rinunciato alla loro sovranità per cederla ad un organismo politico statuale?

Io credo ci siano stati grandi vantaggi a seguito dell’unificazione del vostro Paese, vantaggi economici, di gestione del territorio, ecc. Dato che la configurazione geografica italiana è quella di una penisola così nettamente tracciata, è quasi ovvio che venisse unificata anche se tale processo è percepibile dal punto di vista politico e meno da quello culturale infatti a seguito delle mie visite in Italia non ritengo che l’unificazione abbia portato alla completa fusione degli usi e dei costumi delle diverse aree italiane. Considero che ciò sia stupendo e sono contenta che si conservino le peculiarità delle singole regioni, che le varie zone mantengano le loro caratteristiche distintive a livello di parlate dialettali, cucina tradizionale, festività e mi sarebbe molto dispiaciuto veder sparire tutto questo. Il fatto che anche a 150 anni dall’unificazione tali differenze siano sopravvissute è sintomo di un loro forte radicamento nella vita degli italiani, che non devono dimenticare di essere una nazione e anzi devono valorizzarla ed essere orgogliosi di vivere in un Paese variegato, molto affascinante proprio per questa convivenza di elementi di differenza ed unità!

Un ringraziamento all’autrice per la disponibilità dimostrata!

Vedi anche la recensione de “La ladra della primavera”

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