Mansoura Ez Eldin è una giovane scrittrice e giornalista del Cairo, che con il suo secondo romanzo “Oltre il Paradiso” è entrata, unica donna, nella rosa dei finalisti del prestigioso premio letterario Booker Arabo 2010. L’abbiamo intervistata nel duplice ruolo di cittadina che ha condiviso la rivolta del suo popolo, partecipando alle dimostrazioni di piazza che a partire dal 28 gennaio 2011, il “giorno della collera”, hanno dato vita alla rivoluzione in Egitto e quello di una scrittrice abituata a leggere la realtà che la circonda e infonderla nei propri libri.
Grazie per aver accettato di concedere questa intervista agli Amanti dei Libri: sappiamo che l’Egitto sta attraversando un momento particolarmente difficile.
Sono io che vi devo ringraziare per il vostro interesse; gli ultimi mesi effettivamente sono stati davvero difficili per me.
Il suo romanzo pone in contrapposizione due donne: Salma e Gamila. Salma si lamenta dell’immobilità della sua vita e del Paese in cui abita. E’ un modo di sentire diffuso in Egitto?
Era una tipica sensazione egiziana prima della rivoluzione. La mia generazione ha vissuto gran parte della sua vita sotto il dominio del regime di Mubarak, dove niente è cambiato e nulla è successo. La prima cosa di cui mi sono resa conto quando avevo solo 5 anni è stata che il presidente Saddat era stato ucciso e il nuovo presidente si chiamava Mubarak, il quale è rimasto al potere fino all’anno scorso e durante i suoi 30 anni di governo ha insistito su una ristretta cerchia di uomini come volti del suo regime. La mia generazione è cresciuta vedendo le stesse facce al potere, è cresciuta assistendo agli stessi fallimenti nella vita economica, e politica. Durante l’era di Mubarak tutti gli egiziani vivevano in un mondo orwelliano e questo è stato il problema più grande. “Oltre il paradiso” può spiegare quanto la rivoluzione di gennaio sia stata necessaria.
Gamila, amica di Salma, è invece una donna di successo: lascia il villaggio, studia, si rende indipendente , abbandona le tradizioni e le superstizioni della vita nelle campagne. Ritiene che l’emancipazione, non solo femminile, implichi l’abbandono delle tradizioni che hanno caratterizzato la vita nell’Egitto degli ultimi decenni?
Si può dire che Gamila sia l’alter ego di Salma. Mentre scrivevo il romanzo ho sentito che i due personaggi si completavano a vicenda. Salma ha lasciato la campagna e abbandonato le tradizioni, ma è rimasta paralizzata dai fantasmi del passato. Non basta tagliare i legami con tradizioni arretrate per sentirsi liberi, prima bisogna liberare il proprio io interiore, affrontando poi le paure e i fantasmi. Questo è esattamente quello che Gamila è riuscita a fare mentre Salma vi è riuscita solo a livello superficiale. Quanto all’abbandono della tradizione, questo non ha solo caratterizzato la vita dell’Egitto negli ultimi dieci anni, ma oserei dire che ha caratterizzato la vita nel mondo arabo a partire dall’inizio della sua rinascita moderna tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. A mio parere il problema, nella maggior parte dei casi, è stato la mancanza di un’effettiva revisione o critica delle tradizioni. Non tutte le tradizioni sono arretrate e non si può tagliare ogni legame con il proprio passato per adottare una cultura totalmente diversa. È bene invece adoperarsi prima di tutto per liberare se stessi, osservando e criticando poi la società dal suo interno.
Nel romanzo avviene una sorta di “rivoluzione”: solo chi ha il coraggio di cambiare lo stato delle cose si salva. Quale è la genesi di questo libro, in relazione a quanto sta succedendo oggi in Egitto?
Quando ho cominciato a scrivere questo romanzo ero incredibilmente disperata per la situazione in Egitto; attraverso la scrittura ho voluto scoprire le radici dei fallimenti della nostra società e la ragione nascosta dietro a questa tolleranza nei confronti dell’ingiustizia e della dittatura. Ho pensato che la vita di campagna potesse meglio rappresentare i mali della società egiziana, proprio perché fin dagli anni ’70 vi era la tendenza a diffondere i valori della campagna in tutto il paese. Questo iniziò con Saddat, e continuò con Mubarak. I due presidenti non fecero altro che rafforzare la struttura gerarchica della società e trattarono l’ Egitto come una grande famiglia dove il padre, la persona più anziana (il presidente, nel loro caso) controlla la vita dei figli (i cittadini). In “Oltre il paradiso” la maggior parte dei personaggi stanno cercando di sbarazzarsi di questa struttura gerarchica e si stanno ribellando contro il dominio della famiglia sulla loro vita. Stanno combattendo per migliorare la loro individualità; questa è l’essenza della rivoluzione egiziana. La rivoluzione di gennaio è stata un’insurrezione contro una lingua corrotta, artificiale ed equivoca, che ha prevalso in Egitto per decenni. Durante il regime di Mubarak la corruzione era diventata la spina dorsale dello Stato e delle sue istituzioni.
Grazie a “Oltre il paradiso” si è imposta anche all’estero come rappresentante della cultura araba. Di lei è stato detto che “non scrive come ci si aspetterebbe da una donna araba”. Ha affrontato molte difficoltà per affermarsi nel mondo culturale arabo?
I miei racconti sono stati ben accolti sin da quando ero all’università. Mi ricordo che uno dei miei primi racconti ha vinto il premio Yehia Haqqi tra tutte le università egiziane. È stata una grande sorpresa per me perché non ero stata io a presentare la storia al concorso. Uno dei miei colleghi l’aveva fatto senza dirmelo e questo ha cambiato la mia vita. I giudici del premio erano noti scrittori e giornalisti che apprezzarono la storia, la pubblicarono in molte riviste e giornali famosi e mi incoraggiarono a continuare a scrivere. Mahmoud Amin El Alem, uno dei pensatori egiziani più importanti, ha scelto la mia prima raccolta di racconti come il miglior libro del 2001 e lo stesso libro ha vinto il primo posto in un sondaggio proposto dalla radio egiziana come la migliore raccolta di racconti del 2001. Anche il mio primo romanzo “Maryam’s Maze” è stato ben accolto da critica e lettori. E’ stato pubblicato in numerose edizioni ed è stato tradotto in inglese nel 2007; il vero successo in tutto il mondo arabo è arrivato con il mio romanzo “Oltre il paradiso”. Questo romanzo è stato nelle classifiche dei libri più venduti in molti paesi arabi, è stato finalista al premio librario arabo e poi tradotto in italiano e tedesco. Quando ho iniziato a scrivere la maggior parte delle scrittrici egiziane della mia stessa generazione producevano solo una sorta di romanzi autobiografici sulle loro esperienze di matrimonio o divorzio, mentre i miei lavori sono stati percepiti come avanguardistici e fortemente immaginativi; questo è il motivo per cui sono stati molto applauditi. Naturalmente ci sono state molte difficoltà nella mia carriera; ad alcune lettrici non sono piaciute le scene di sesso in “Oltre il paradiso” ed hanno considerato inaccettabile che a parlarne fosse una scrittrice egiziana.
Quale è il ruolo degli scrittori e in generale degli intellettuali nella rivoluzione egiziana?
Gli intellettuali hanno svolto un ruolo importante nella rivoluzione. Credo che questa sia frutto anche del proliferare dei giornali indipendenti, della lettura e dei blog nel corso dell’ultimo decennio. Molti scrittori si sono trovati nelle strade con i manifestanti durante la rivoluzione dal Gennaio 2011 fino ad ora. Molti scrittori hanno scritto e ancora stanno scrivendo a sostegno della rivolta contro il fascismo dello SCAF, il Consiglio supremo delle forze armate. Anche io ho abbandonato per un anno la mia scrittura creativa per scrivere articoli a supporto della rivoluzione in molti giornali arabi e stranieri.
Lei è scesa in piazza durante gli scontri, per affermare i diritti del popolo egiziano: in prima persona ha affrontato la violenza del regime. Quale è la paura più grande? Che tutto cambi o che, alla fine, nulla cambi davvero?
Molte cose sono cambiate nel corso dell’ultimo anno. Noi egiziani abbiamo rotto la barriera della paura. La maggior parte degli egiziani ora è impegnata in politica, basta indifferenza. Credo che il regime di Mubarak in realtà non sia tuttora caduto, ma la rivoluzione resiste ancora forte e continuerà. La più grande paura adesso è che ci liberiamo della dittatura militare per affrontare poi il fascismo religioso. In ogni caso sono ottimista perché l’Egitto è vivo e finalmente sveglio, dopo decenni di stallo e torpore.
Leggi anche la nostra recensione di “Oltre il paradiso” di Mansoura Ez Eldin