
Autore: Lavinia Monti
Data di pubbl.: 2022
Casa Editrice: Bookabook
Pagine: 240
Prezzo: 17.00
Una biografia ha sempre qualcosa di speciale. Permette di vivere una vita eccezionale attraverso gli occhi dei diretti interessati. Dopo aver letto “La ragazza con l’Europa in tasca” abbiamo avuto il piacere di fare qualche domanda a Lavinia Monti l’autrice di questo libro speciale.
Intervista a cura di Gabriele Scandolaro
1) Come nasce l’idea di scrivere questo libro?
Credo che questa sia la domanda in assoluto più difficile da rivolgere a uno scrittore. seppure esordiente, quale sono io. Un libro nasce tante volte nella testa di chi lo scrive, almeno così è stato per me. Ci pensavo sin da quando era piccola: mio padre ha iniziato a martellarmi con l’idea praticamente appena ho imparato a leggere e scrivere. In effetti mi piaceva moltissimo leggere e avevo anche iniziato a scrivere un paio di libri quando avevo sette-otto anni (uno era una specie di Piccole Donne, l’altro un fantasy, ma sono rimasti incompiuti…). L’ambizione era sempre lì anche da più grande: c’erano frasi, scene, personaggi e situazioni che mi ronzavano per la testa, ma non avevo il coraggio di appuntarmi nulla. Era un continuo rimandare, che mi faceva sentire terribilmente in colpa, era diventata una sfida troppo importante per me che non volevo perdere. Con il lockdown ho avuto finalmente il tempo e il coraggio di iniziare: la storia è venuta da sola, i personaggi hanno preso forma e vita propria e sono andata velocissima. È venuta fuori una cosa diversa rispetto a quella che avevo pensato inizialmente, ma sono stata felice lo stesso. È come se i personaggi e i ricordi mi avessero preso per mano e condotto in un non luogo meraviglioso e caro.
2) Nella prima parte del libro racconti della tua formazione che già allora era un viaggio tra “mondi diversi e lontani” di cui tu eri il solo fattore comune. Quanto pensi che questo tuo vagare da una realtà all’altra abbia influenzato sulla tua scelta futura di viaggiare?
Credo che il mio galleggiare tra ambienti sociali e umani così diversi nell’età dell’infanzia e dell’adolescenza abbia sicuramente dato una spinta alla mia vocazione europeista. Probabilmente, più o meno inconsciamente, mi ero messa in testa che girando Paesi diversi, imparando nuove lingue e conoscendo persone di altre nazionalità avrei capito meglio chi fossi veramente. E poi, negli ambienti romani che frequentavo da bambina si tendeva ad etichettare con molta facilità le persone in categorie predefinite, mentre la cosa straordinaria degli ambienti internazionali era (ed è ancora) che non c’era spazio per questi schemi: si possono sempre rimescolare le carte e ripartire da zero.
3) All’interno del libro ti sposti in continuazione in quasi tutta Europa. Come è stato affrontare il mondo in un’epoca dove non c’erano le tecnologie di oggi?
Sicuramente l’atto del viaggio era qualcosa di molto più rivoluzionario e drastico, significava veramente tagliare con la tua realtà d’origine: i telefonini erano cosa rara e, in ogni caso, al massimo potevano servire per fare telefonate brevi e costosissime ma non consentivano certo di chattare in tempo reale, di postare foto in continuazione, e di rimanere sempre connessi con i propri amici o fidanzati. Le compagnie low cost erano ancora agli esordi, quindi tornare una volta al mese o ogni week end era fuori discussione. Si partiva per restare e si poteva passare parecchio tempo senza sentirsi. Si scrivevano persino delle romantiche lettere a mano. Anche le città si somigliavano molto meno rispetto ad adesso, era più difficile trovare gli stessi identici prodotti, gli stessi locali, rispettare le stesse abitudini. Con questo non voglio dire, che viaggiare in Europa oggi sia meno bello: è un atto meno drastico, e che, proprio per questo, si può compiere con più leggerezza, nella rassicurante consapevolezza che tra banda larga, social e low cost, il distacco può essere davvero indolore… Poi con un po’ di coraggio si può provare a spegnere il telefonino, scendere per le strade, non so, di quale paesino della Camargue o di quale isola greca e provare a chieder informazioni a una vecchina, che ti darà l’ebbrezza di sentirti un po’ forestiera.
4) Quale è stato il paese dove ti sei sentita più a tuo agio e che ti ha colpito maggiormente nel tuo viaggiare?
Se parliamo di studio e lavoro sicuramente la Francia, adoro la lingua, che mi è sempre venuta molto facile, ne apprezzo moltissimo la cultura e gli ideali, l’attaccamento alla democrazia e al senso civico, e in generale lo stile di vivere. Se parliamo di vacanze, invece, la Grecia per me rimane il luogo del cuore, da quell’esperienza nelle Cicladi nel lontano 1995 che racconto nel libro, ci sono tornata quasi tutte le estati per molti anni e sinceramente non riesco a immaginare altro posto dove bellezza della natura, cultura, divertimento e romanticismo riescono a fondersi in maniera così stupefacente.
5) Il tema del viaggio si accosta sempre al tema dell’Amore. Per questo ti chiedo: il viaggio è Amore o l’Amore è il viaggio?
Entrambe le cose sono vere, un viaggio e sempre un processo che ci consente di cambiare e metterci alla prova, qualunque sia la destinazione e qualunque sia il motivo dello spostamento, si torna a casa sempre diversi e migliori. Più che all’amore, accosterei il viaggio all’innamoramento: in comune hanno l’ebbrezza, l’emozione di un nuovo inizio.
6) Quale è stata la parte più difficile nello scrivere questo libro e perché?
Il tentativo di raggiungere un equilibrio tra leggerezza e ironia da un lato e introspezione e riflessione dall’altra. Una mia cara amica, che è anche un’esperta di letteratura, ha definito il libro “un inno alla vita” e non poteva esserci complimento migliore perché l’obiettivo era proprio quello: trasmettere un messaggio di entusiasmo per la vita è per tutte le opportunità che ci può offrire. Ma volevo anche che il libro fosse un elogio all’imperfezione. I personaggi a partire dalla protagonista stessa sono tutti adorabilmente imperfetti, forse è per questo che in tanti mi dicono di essersi immedesimati, anche se non hanno fatto le mie stesse esperienze, provengono da altri ambienti, e sono magari più vecchi o molto più giovani: l’imperfezione ci unisce e ci fa sorridere.
7)Quanto pensi sia importante l’Erasmus (o aderire ai vari progetti sovrannazionali) per un giovane nel suo processo di studi?
Credo che si tratti di un tassello fondamentale del percorso di formazione di ogni individuo, a prescindere dal tipo di studi intrapreso. Un’esperienza all’estero, sia essa l’Erasmus, uno stage, un lavoro temporaneo o un master post laurea, consente di imparare una nuova lingua, di mettersi alla prova con un sistema di studio o di lavoro differente, di conoscere città diverse e culture diverse e di coltivare nuove amicizie, che potranno restare per tutta la vita. Sono tutte cose, che prese singolarmente sono importantissime ma che, combinate insieme, per un’alchimia inspiegabile e indecifrabile, hanno l’effetto straordinario di aiutare le persone a comprendere la propria identità che, in definitiva, è poi l’obiettivo più importante del processo di crescita di ognuno di noi.
8) Se fossi al mio posto cosa chiederesti a Lavinia Monti e cosa risponderesti?
Le chiederei: cosa ti è rimasto di quegli anni? e lei risponderebbe “lo sguardo sul mondo: un incantevole disincanto”