I suoi libri conquistano migliaia di lettori in tutto il mondo. Raccontando la tragedia del suo Paese natale per lo più attraverso gli occhi e l’esperienza dei bambini, Khaled Hosseini parla al cuore della gente. Lo dimostra la lunga coda di gente che si è accalcata lunedì 14 ottobre davanti alla libreria Mondadori di piazza Duomo a Milano, per farsi autografare i suoi libri, e il numeroso pubblico accorso alla presentazione del suo ultimo E l’eco rispose (Piemme Edizioni) alla Feltrinelli di piazza Piemonte. E così ho avuto l’opportunità di incontrarlo (insieme ad un paio di amiche blogger, @tazzinadi e @GloriaGhioni di Critica Letteraria) per chiacchierare un po’ dei suoi libri, delle speranze per l’Afghanistan e di come i bambini possono aprirsi al mondo leggendo.
L’intensità del legame di Hosseini con il suo Paese d’origine rivive nei personaggi dei suoi libri, che in modo differente danno voce alla cronaca di una nazione prima vittima della guerra e quindi afflitta dalle sue conseguenze. Ma lui, l’autore, che vive in America da quando aveva 11 anni (cioè, dal 1976, quando è emigrato con la famiglia), come ha maturato il desiderio e la convinzione di ambientare i suoi libri proprio in Afghanistan?
“L’ispirazione per questo libro (E l’eco rispose, ndr) e la storia che narra l’ho avuta dopo i miei viaggi, avvenuti nel 2003, poi nel 2007 e nel 2009 e ancora nel 2010, quando ho parlato con molte famiglie e ho avuto modo di stare a contatto con molti bimbi di questi profughi, in particolare con loro che dal Pakistan dopo molti anni decidono di tornare nel Paese natale. Anche i due bambini Abdullah e Pari sono molto simili ai bimbi dei profughi incontrati, abitano in villaggi molto lontani e sono estremamente poveri. Parlando con questa gente mi sono trovato di fronte a problemi molto concreti che sono poi quelli che descrivo nel libro. Spesso i genitori non hanno neppure le risorse per nutrire questi bimbi e si trovano nella malaugurata condizione di doverli vendere a personaggi più ricchi. Questa idea di tragedia mi sembrava molto forte. Vedo la vendita di un figlio da parte di un padre come un sacrificio quasi disumano perché dover dar via la tua creatura rappresenta davvero un momento molto tragico”.
Hosseini racconta come la stessa struttura di E l’eco rispose sia diversa da quella usata nei romanzi precedenti e abbia preso vita in modo naturale grazie al racconto dei vari personaggi e delle loro storie.
“La struttura non è lineare, è fatta di tanti piccoli episodi che però non ho pianificato; ho descritto una serie di personaggi che per diversi motivi sono da vedersi al di fuori dello stile narrativo. Vedo questo libro come un albero, che ha un tronco ma poi una serie di rami che sono diramazioni della storia principale”.
Inaspettato il successo dei suoi libri, lo ammette con sincerità e sorridendo lo stesso Hosseini, raccontando che dopo la
pubblicazione de Il cacciatore di aquiloni ha addirittura pensato che nessuno avrebbe mai letto il suo romanzo. “Spero che i miei libri vi permettano di imparare e di avere un miglior rapporto di vicinanza con l’Afghanistan” auspica lo scrittore. C’è qualcosa che lega tutti i suoi romanzi: “La mia è sempre la storia di un ritorno a casa e di quanto sia difficile costruire la sopravvivenza per le famiglie afgane” riprende Hosseini, evidenziando come il problema primario per il Paese sia garantire la sicurezza e un avvenire senza violenza.
Sono i libri come i suoi che aiutano a crescere, a conoscere realtà diverse e a far nascere la passione per la lettura: “Leggere un libro è estremamente importante perché il bambino riesce a sperimentare che cosa è il mondo e il suo rapporto con il mondo”. Ma lui quale libro consiglierebbe ai ragazzi? “Un libro che serve per crescere e diventare in un certo senso maggiorenne – sintetizza – Consiglierei un titolo che insegni tolleranza e che parla della questione razziale come Il buio oltre la siepe”.