A tu per tu con… Frederick Forsyth

Frederick Forsyth, grande maestro inglese delle spy stories, ha incontrato i bloggers all’Hotel Principe di Savoia in occasione di Bookcity Milano e certo non ha deluso le aspettative.

Un incontro ricco di spunti per entrare nell’officina di un gentleman scrittore che ha anche vissuto e partecipato in qualche occasione ad azioni descritte nei suoi romanzi.

Il suo ultimo lavoro, La lista nera, edito come sempre da Mondadori, parla di pericolosi terroristi che minacciano la sicurezza internazionale tanto da dover essere eliminati uno a uno. Solo sette persone nelle segrete stanze di Washington conoscono l’esistenza della “lista nera”, tra queste il presidente degli Stati Uniti. La minaccia è reale, ma deve rimanere top secret o si scatenerà il panico. Il primo di questi nomi è anche il più temibile “il Predicatore”, un fondamentalista islamico senza scrupoli che ha come unico scopo la distruzione degli infedeli.

Avendo toccato un tasto delicato come quello dell’estremismo, ha forse paura che qualcuno possa prendersela per i contenuti del suo libro?

Direi di no… perché i terroristi dovrebbero prendersela con me visto che ci sono giornalisti, imam moderati, politici che li criticano? Nel mio romanzo ho voluto descrivere l’altra faccia dell’Islam, che sta pagando un prezzo altissimo: in questo momento c’è quasi una guerra in atto tra sunniti e sciiti e tra moderati e fanatici. Le vittime musulmane sono più numerose dei cristiani e degli ebrei. C’è un personaggio nel libro, uno studioso del Corano, che rappresenta l’Islam moderato e che non tollera chi sta trasformando la religione in odio.

Lei ha descritto molti nemici diversi nel corso degli anni, seguendo i cambiamenti del mondo. Che nemico ci sarà nel futuro?

È un nemico diverso quello di oggi, più sfuggente. È una guerra fredda non dichiarata da persone che hanno uno strano credo, sono convinti che sia giusto uccidere altre persone in nome di Allah. Tutto questo durerà ancora anni. Il mondo occidentale non ha voluto questo nemico. Si è trovato attaccato e sta reagendo ad un pericolo che non viene da uno stato, ma da persone che contrastano il nostro modo di vivere.

Che rapporto si crea  nei suoi libri tra realtà e finzione?

La relazione tra realtà e fantasia cambia da libro a libro. I miei racconti partono essenzialmente da due domande:  “sarebbe possibile che…?” o “cosa succederebbe se …” Dalla prima domanda per esempio è scaturito “Il giorno dello sciacallo” dall’altra “L’alternativa del diavolo”. Se a questa domanda si può dare una risposta reale io do vita alla storia, che ricopre comunque un quaranta per cento del romanzo. Facendo esempi legati a “La lista nera” non è mai esistito un colonnello Kit Carson, ma i droni sì e così “Al Quaeda”; non c’è uno studioso del Corano come il mio personaggio, ma ufficiali dell’ esercito USA vanno davvero a studiare al Cairo e ascoltano le conversazioni telefoniche. Quello che non c’è nei miei libri è la totale fantasia.

Abbiamo sentito dire che con il suo lavoro di approfondimento sull’attualità ha quasi previsto eventi tragici come quello dell’11 settembre.

In realtà non ho previsto l’11 settembre, ma stavo scrivendo in quel periodo “L’Afghano”. Però ad esempio ho cominciato a studiare Al-Shabaab due anni fa, quando ancora nessuno ancora conosceva questo movimento, poi recentemente hanno ucciso più di sessanta persone a Nairobi. Ora è parte del mio romanzo. In effetti se fossi venuto fuori con idee del genere vent’anni fa un editore mi avrebbe detto che ero impazzito.

Lei fa un lavoro molto meticoloso di raccolta di informazioni. Che tipo di ricerca ha fatto per questo ultimo libro?

Io ho poca immaginazione quindi quando mi viene l’idea per una storia faccio una lista di ciò che mi serve, che è sempre molto lunga e verifico ogni aspetto. Ho molti contatti in grado di fornirmi informazioni riservate e cerco sempre il massimo esperto in ogni argomento. Naturalmente, come ogni buon giornalista, non rivelo mai la fonte. Per quanto riguarda l’ambientazione vado direttamente sul posto a vedere con i miei occhi. Le informazioni che do a livello geografico ci tengo che siano precise e corrette. Il lettore quando si accerta della veridicità di questi dettagli poi crederà anche a tutto il resto che ho scritto. Per questo libro sono stato a Washington e poi a Mogadiscio per sentire l’ “odore” di quella città e renderne l’atmosfera.

Questo a volte gli può creare qualche “inconveniente” come quello di essere coinvolto in un colpo di stato. È successo mentre scriveva ‘Il cobra’, un libro sul traffico di droga che lo ha portato a fare sopralluoghi in Sudamerica.

Quando atterrai in Guinea Bissau era appena stato assassinato il presidente, così trovai in aeroporto ad accogliermi il vice console del Regno Unito. Quando fui in albergo in piena notte sentii l’esplosione di una granata fatta esplodere dalle milizie filopresidenziali. Poi chiusero gli aeroporti e le comunicazioni, ma grazie ad internet feci in tempo ad avvisare mia moglie. D’altra parte non ero nuovo a quel tipo di esperienze: mi ero trovato coinvolto anche in un altro colpo di stato in Guinea Equatoriale.

Che rapporto ha con i suoi libri, quali sono quelli a cui è più legato?

Innanzitutto naturalmente a “Il giorno dello sciacallo”: in quel momento ero solo un giornalista squattrinato e non ho più avuto preoccupazioni economiche. Il libro però che mi ha maggiormente soddisfatto è stato “Il pugno di Dio”, ambientato nella prima guerra in Iraq. E’ stato il primo evento bellico trasmesso in diretta: vedevamo scene di morte sui nostri televisori. In questo libro c’è anche il mio personaggio preferito, Mike Martin. 

Forsyth non usa il pc, ma non è contrario alla tecnologia: è convinto che sia come qualsiasi altro mezzo in mano agli uomini e si possa usare in modo positivo o negativo. Si ritiene però troppo vecchio per imparare questo genere di cose così come unica concessione alla modernità ha un i-pad che utilizza per la mail e per fare qualche domanda a “Mister Google”. Dice, sicuro e soddisfatto: “Scrivo ancora come all’inizio, alla maniera di un reporter, come se le mie frasi fossero scritte nella roccia e uso la mia macchina da scrivere”. A quanto pare i lettori sono contenti del risultato…

Milanese di nascita, ha vissuto nel Varesotto per poi trasferirsi a Domodossola. Insegnante di lettura e scrittura non smette mai di studiare i classici, ma ama farsi sorprendere da libri e autori sempre nuovi.

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