Ho avuto l’onore di incontrare in un grande hotel di Milano Franck Thilliez, autore de “L’osservatore” , e ho avuto il piacere di rivolgergli qualche domanda. Domande semplici, che un lettore qualunque, come il sottoscritto, avrebbe voluto rivolgergli, ed ecco il risultato:
Intervistatore: Franck, com’è nato “L’osservatore”? C’è qualcosa di reale o è tutto frutto della tua immaginazione e delle tue ricerche?
Franck Thilliez: Tantissime cose di questo romanzo sono reali. Il romanzo nasce da fatti di cronaca vera accaduti in Canada e che ha come oggetto degli orfani. Ho appreso questa informazione durante delle ricerche sulla psichiatria e ho trovato che fosse un fatto di cronaca assolutamente mostruoso, oltre che interessante, e ho pensato di inserirlo in una storia e di raccontarlo in uno dei miei romanzi. Io cerco sempre di inserire all’interno dei miei romanzi dei fatti veri che poi cucio insieme alla fantasia. La fantasia è quindi il collante degli elementi reali. Io tendo ad offrire ai miei lettori un momento di lettura e di angoscia, ma anche un momento di arricchimento e tento di trasmettere sempre la conoscenza di qualcosa ai miei lettori.
Quali sono gli ingredienti dei thriller di Franck Thillez? Ci sono ingredienti nuovi ne “L’osservatore” rispetto ai tuoi precedenti romanzi? Qual è il segreto del tuo successo?
I temi sono sempre molto diversi. In questo caso parliamo di una storia poliziesca, ma mi capita anche di scrivere romanzi in cui i poliziotti non c’entrano affatto perchè si tratta di storia ambientata nel mondo della psichiatria, oppure di scrivere storie che sono delle autentiche unità chiuse, stesso posto, tempo brevissimo, pura angoscia. Tento di diversificare un po’. L’elemento di novità di quest’ultimo romanzo è che scrivo un romanzo di ampio respiro. Per la prima volta nei miei romanzi si va all’estero e poi ci sono tutti questi dossier della CIA. L’ho fatto in questo libro per la prima volta, perchè prima non mi sentivo in grado di farlo, non avevo i contatti per poterlo fare, nel corso del tempo mi sono evoluto. Questo romanzo è il riassunto di tutto quello che ho imparato.
Nel tuo libro è molto chiaro il rapporto con “L’immagine” che suona quasi come una denuncia. Lo è forse? Forse in qualche modo vuoi far riflettere sul ruolo dell’immagine, anche dannoso, nella nostra società?
Sì, questo è proprio uno dei temi chiave del romanzo perchè viviamo tutti in un mondo di reti sociali di televisioni e di computer in cui l’immagine è sempre dappertutto ed è sempre collegata alla violenza ed esiste oltretutto parallelamente una moltiplicazione dei massacri ad esempio nelle scuole, come abbiamo visto anche in Svezia, un massacro senza ragione apparente. Tutti questi elementi hanno una forte presa su di me. Io ho inteso trattare questo tema, cioè l’impatto che l’immagine violenta ha sul cervello umano, cosa scatta nel nostro cervello, nella testa delle persone ad un certo momento.
Adesso una domanda che facciamo ad ogni autore che intervistiamo perché ci sembra molto curiosa e allo stesso tempo importante, come sei approdato nel mondo dell’editoria? Qual è la tua storia editoriale?
All’inizio scrivevo senza sapere dove sarei andato a parare. Ad un certo punto è nata proprio una storia nella mia testa, un miscuglio di tutti i film che avevo visto, horror, polizieschi e di tutti i libri che avevo letto da adolescente. Tutte queste immagini mi sono accumulate dentro la testa e ad un certo punti mi si è creata la necessità di farle uscire, farle uscire sotto forma di una storia. Poi ho avuto le difficoltà solite che un autore può incontrare nella pubblicazione, perchè quello editoriale era un ambiente che non conoscevo per nulla. Ho cominciato a pubblicare 10 anni fa. All’inizio scrivevo nei tempi morti, la sera, nei week end, durante le vacanze, poi però cinque anni fa ho smesso col mio lavoro di prima per dedicarmi completamente alla scrittura.
Hai fatto una scelta coraggiosa…
Sì, effettivamente non è stata una scelta facile, ma il successo de “La camera dei morti” mi ha incoraggiato. Prima di lasciare il mio lavoro però ho scritto altri due romanzi, per essere sicuro che il pubblico ci fosse e che mi seguisse. Poi è arrivata la riduzione a film de “La camera dei morti” che è stata un’esperienza molto interessante che mi ha consentito di vedere e vivere un film.
Veniamo ai lettori… Pensi che esistano differenze tra i lettori e tra i panorama editoriali dei paesi in cui i tuoi libri sono editi?
Sì, effettivamente alcune differenze le ho viste. Naturalmente la qualità della traduzione ha un forte impatto sul grado di accoglienza del libro. Per quanto riguarda “La macchina del peccato” in Germania ha avuto un’accoglienza molto favorevole. Io sono andato a vedere i commenti su internet e i tedeschi l’hanno amato moltissimo, benchè il romanzo abbia tinte cupissime. In Spagna per esempio queste tinte cupissime non sono state amate molto e lo stesso in Italia. Effettivamente ci sono differenze sul modo di accogliere un libro, su cosa la gente ama in paese o in un altro, però non ho ancora abbastanza esperienza per spiegare questi meccanismi.
Glenn Cooper dice che i lettori italiani sono disposti ad investire nell’acquistare un libro, in quanto magari l’edizione italiana appena uscita in libreria costa circa 20 € (che non è poco), mentre all’estero, in tanti paesi, i libri escono direttamente in un’edizione che in Italia definiamo “economica”. Tu pensi sia così? Questo rappresenta per noi italiani un pregio o un difetto, a tuo avviso?
Sì, questo effettivamente può essere vero, io ho però sottomano la situazione francese. Sono 10 anni che, per il fatto di pubblicare libri, mi muovo per le librerie francesi e osservo il comportamento delle persone. La crisi ha reso tutto più difficile. La gente quindi cosa fa? Acquista l’autore che conosce, l’autore di cui è sicuro e si muove con più prudenza quando l’autore è sconosciuto. Per i miei romanzi, mi capita spesso che i lettori mi chiedano quando sarà disponibile la versione economica, perchè naturalmente in questo periodo si fa più attenzione al soldo.
Quando hai scritto il tuo secondo libro, hai avuto paura di deludere quel pubblico che invece col primo libro hai colpito?
Sì, questa paura è sempre presente. Oggi scrivo delle storie per i miei lettori. La mia priorità è quella di procurare piacere a quanti mi leggono. I miei lettori aspettano ogni anno che esca un nuovo romanzo, se li deludi finisci col sentirti a disagio e io tento sempre di evolvermi di romanzo in romanzo. La cosa che conta davvero è che l’autore non prenda in giro i propri lettori, che non tradisca il contratto tacito che ha con loro.
Ringraziamo molto Franck Thilliez per la disponibilità che ci ha dimostrato nell’incontrare il nostro collaboratore.