Abbiamo intervistato per voi Flavia Pecorari e Lorenza Stroppa, al loro esordio letterario con Dark Heaven – La carezza dell’angelo, edito da Sperling & Kupfer, che si nascondono dietro lo pseudonimo Bianca Leoni Capello e che ci hanno regalato una nuova e davvero ben riuscita espressione di urban fantasy made in Italy.
Dato che questo è il vostro esordio letterario, vorrei sapere da cosa è nata la voglia di scrivere un libro e in particolar modo perché la scelta è caduta su un fantasy?
Scriviamo assieme da anni, da quando eravamo delle adolescenti pazze per Stephen King, Edgar Allan Poe, Lovecraft e molti altri… Abbiamo dato vita nel tempo a piccoli libricini artigianali, quasi dei giochi letterari, in cui abbiamo scritto a due o a quattro mani. Il contemporary fantasy è una passione dell’ultimo periodo, da Twilight in poi. Dopo una serie infinita di letture condivise ci siamo dette “Anche noi abbiamo una storia forte, perché non provare a raccontarla?”. E così è iniziato tutto, in modo molto spontaneo e ispirato.
Come mai avete deciso di scriverlo a quattro mani? E come mai avete deciso di usare uno pseudonimo?
Come avrai capito per noi la scrittura a quattro mani non è una novità e scrivere a due è quasi più facile – sicuramente più divertente – che farlo da sole. Hai sempre una lettrice e critica feroce pronta a commentare il tuo scritto e, visto che l’obiettivo è univoco, non ci sono invidie o gelosie: la storia appartiene a entrambe e vogliamo che funzioni. Per questo motivo tra di noi non ci sono filtri: ognuna ha il diritto e il dovere di intervenire sulle parti che non funzionano, o di proporre riscritture addirittura. Non abbiamo mai litigato per il libro. Lo pseudonimo nasce per due motivi: da una parte l’accostamento dei nostri due cognomi faceva arricciare le labbra (Stroppa-Pecorari…), dall’altra temevamo che la doppia firma potesse dare l’impressione di un libro progettato a tavolino per fini commerciali. Mentre la spontaneità e naturalezza con cui era nato – un’ennesima sfida artistica nel nostro percorso a due già consolidato – era molto lontana da lì. Per questo motivo la scelta dello pseudonimo che nella composizione rende omaggio ai nostri figli (Bianca è la figlia più piccola di Lorenza; Leonardo il figlio di Flavia) e allo stesso tempo ha un richiamo alla nobildonna veneziana Bianca Cappello (qui le “P” sono due però), vissuta nel XV secolo e macchiatasi di diversi misteriosi delitti a sfondo amoroso…. Un personaggio perfettamente in linea con il nostro libro!
Il racconto che fate del tema dell’amicizia è molto vivido. Siete partite dalla vostra esperienza personale? L’amicizia tra Virginia, Emma e Penny ha quindi punti in comune con la vostra?
Ci conosciamo da 27 anni. Quasi trent’anni di amicizia intensa, attiva. Insieme abbiamo fatto di tutto: abbiamo suonato la chitarra, dipinto magliette, recitato, giocato a pallavolo, viaggiato e infine scritto. La scrittura è stato l’elemento predominante e continuativo che ha contrassegnato la nostra amicizia nel tempo. Siamo rimaste amiche nonostante a volte le nostre strade abbiano preso direzioni diverse (Lorenza ha studiato a Venezia; Flavia a Udine), nonostante il lavoro in ambito differente, nonostante il matrimonio e i figli. La nostra è un’amicizia forte e significativa, cementata negli anni dell’adolescenza, durante i quali ci vedevamo praticamente tutti i giorni, e quando eravamo separate ci scrivevamo due-tre lettere (allora le email non c’erano) a settimana! Sicuramente il rapporto tra Virginia, Emma e Penny un po’ riecheggia la nostra amicizia, anche se non abbiamo mai litigato per amore!
Sono rimasta molto colpita da come avete aperto il racconto – con le decisioni e le sensazioni di Damien – c’è un qualche motivo particolare per cui avete deciso di iniziare così la storia?
Eravamo un po’ stufe di quegli urban fantasy in cui i protagonisti erano dei falsi cattivi. Volevamo un personaggio sofferto, contrastato da mille emozioni, passionale. Capace di uccidere per amore. Ci piaceva poi l’idea di alternare i pensieri di Virginia, la protagonista, molto più giovane d’età, con quelli di Damien, più maturo e consapevole e con propositi di vendetta. Le due voci creano contrasto e alimentano la tensione. In questo modo i lettori sanno, mentre i protagonisti no.
Qual è il vostro personaggio preferito o quello a cui vi sentite più legate?
Qui le nostre opinioni divergono. Lorenza è più legata a Damien, personaggio che ha introdotto lei e che in qualche modo nasceva da un suo racconto pregresso che continuava a tormentarla e a chiedere di essere sviluppato. Flavia a Francesco, personaggio che è nato dalla sua penna e che doveva all’inizio fungere da contraltare alla figura fuori dagli schemi di Damien (avrebbe dovuto essere un ragazzo normale, un po’ noioso addirittura…) ma che poi è “uscito dalla pagina” e si è imposto, diventando altro…
Qual è stato il momento più difficile che avete affrontato nella stesura del romanzo?
Le parti più difficili sono quelle legate alla verosimiglianza. Nei fantasy la costruzione della storia deve reggere con l’apporto del paranormale, e il lettore deve credere a ciò che legge. Non è facile a volte non scadere nel ridicolo quando si raccontano certe cose. Bisogna farlo con naturalezza e introdurre gli elementi irreali a piccole dosi, abituando il lettore – e i personaggi – a ciò che vedono. Serve coerenza, serietà ed onestà nella scrittura, e il primo a credere a quello che scrive deve essere proprio l’autore.
Che messaggio vorreste lasciare ai nostri lettori?
Riguardo a questo genere di libri – riguardo al fantasy in generale – ci sono molti pregiudizi. Tanti pensano che sia un genere per ragazzi, mentre un recente articolo pubblicato su una rivista di ambito editoriale dimostra che chi legge (e compra) questo genere di libri va sì dai 13 anni, ma arriva tranquillamente ai 50, con una vetta nel segmento di età che va dai 20 ai 35 anni.
Vorrei invitare i lettori a oltrepassare i propri pregiudizi e a provare un fantasy contemporaneo (dove non ci sono gnomi o folletti, come erroneamente si crede, ma un’ambientazione moderna, attuale, e un sovrannaturale che spesso ha sembianze umane, quindi più “digeribile”). Alla fine, come è successo per diversi nostri lettori non avvezzi al genere che si sono avvicinati per curiosità o amicizia personale, potrebbero trovare una storia interessante e coinvolgente.