Nella vita fa il biologo ma le sue passioni sono la scrittura, l’horror e la cinematografia. Parliamo di Ferdinando Romito di Diamante, in provincia di Cosenza, autore di racconti e libri che trattano di misteri.
Ciao Ferdinando, presentati al pubblico de Gli amanti dei libri.
Sono un po’ in difficoltà a presentarmi così, improvvisamente, perché è la prima volta che mi accingo a farlo attraverso lo scrivere. Ma guarda, direte voi… uno che dice di scrivere libri, poi non riesce neanche a scrivere due righe per presentarsi. Avete ragione… ma non tutte le cose risultano automatiche… e ci vuole anche un certo allenamento per far questo. Beh, intanto, come me la sono cavata? In maniera almeno accettabile, se ancora avete gli occhi che scorrono da sinistra a destra nel leggere queste righe. Se invece li avete da tutt’altra parte, vorrà dire che dirò a me stesso che ho quasi cinquant’anni, che sono sposato con Alessandra e ho due splendidi bambini, Jacopo Ugofrancesco di sette anni e Benedetta di quattro. Sono un biologo e lavoro presso una clinica privata a Belvedere. Sebbene sia nato a Cosenza e abbia vissuto in quella città per diciassette anni, mi considero di Diamante, perché qui è trascorsa la mia fanciullezza ed è qui che vivo tutt’ora, legato al suo mare e ai suoi paesaggi in maniera indissolubile.
Come nasce la tua passione per la letteratura?
Sin dalle elementari ho sempre avuto la passione per la lettura, e non passava mai una sera che non leggessi almeno una decina di pagine di qualche libro, prima di addormentarmi. Le fiabe di Perrault, le favole di La Fontaine, il mitico Pinocchio, sono state le mie prime letture. Crescendo, ovviamente, sono passato ai romanzi dell’adolescenza, Salgari con le avventure di Sandokan, I ragazzi della Via Pal, Zanna bianca e tantissimi altri. Libri che, tra l’altro, conservo gelosamente nella mia libreria. Inutile dire che, soprattutto in quest’ultima fase, la fantasia nell’immaginare luoghi e personaggi, l’ha fatta da padrona.
Quali sono le tue influenze?
Per quanto riguarda il genere di cui mi occupo, e cioè quello horror, certamente i miei maestri sono stati e sono tutt’ora, i capisaldi dei racconti fantastici dell’ottocento, quali Poe, Lovecraft, Le Fanu, Crawford. E, più recente, come non essere affascinato dalla scrittura di Stephen King? Diciamo che scrivere, e farlo nella struttura del racconto horror, mi viene assolutamente naturale.
Sei fondatore del Cinecircolo Maurizio Grande di Diamante, piccola realtà che si apre al territorio. Quanto la cinematografia ha influito sul tuo modo di scrivere?
Beh, diciamo che piuttosto è stato il contrario, nel senso che è lo scrivere che ha influito sulla produzione cinematografica. Perché se è vero che il cinema è immagine, non esiste immagine del cinema che prima non venga “scritta”, per poi essere girata. A livello cinematografico, sono molto legato ai film di Lucio Fulci, degli anni ’70, a Dario Argento, almeno il “primo” Dario Argento, quello, per intenderci, di “quattro mosche di velluto grigio”, di “Profondo rosso”, di “Suspiria”. Per non dimenticare George Romero, con i suoi “Zombie”. Avevo già in mente da molto tempo tre o quattro sceneggiature appena abbozzate, ed era un mio sogno nel cassetto vederle realizzate. Devo il mio “lancio” nella cinematografia all’incontro, nel 2007, con il regista Daniele Cribari, con il quale collaboro tutt’ora. In quell’anno e fino al 2009, ho girato tre cortometraggi horror, autoprodotti e con mezzi assolutamente di fortuna finché da circa quattro anni, mi dedico con l’amico Francesco Presta, ad organizzare un concorso internazionale di cortometraggi e a scrivere e girare con lui dei cortometraggi, che poi tanto “corti” non sono, perché dei due che abbiamo realizzato, uno dura 28 minuti e l’altro 35. Non sono horror, stranamente per me che non mi ero mai sognato di scrivere altro, ma credo che si debba essere aperti ad esplorare nuovi mondi, e questo con Francesco sono riuscito a farlo senza alcuno sforzo. Ultimo, ma solo in una classifica temporale, è un “cortissimo” di appena un minuto, “Sono tecnologicamente morto”, girato in un paesaggio mozzafiato quale solo L’Arco Magno di San Nicola Arcella può offrire e, udite udite, tratto da un racconto proprio del nostro caro Amico Martino Ciano che qui sta stuzzicando come solo lui sa fare, la mia fantasia.
Il mistero ha a che fare con la vita, per te è un chiodo fisso. Perché?
Credo che la ognuno di noi, raggiunta la maturità, sia il risultato, unico e irripetibile, di tutte le esperienze vissute dalla nascita fino a quel momento. Ogni vicissitudine, buona o cattiva che sia, non può non influire sul modo di essere e di pensare. Tutto sta, poi, nel trovare un equilibrio in se stessi, e cercare di essere sempre migliori rispetto al giorno prima, fare tesoro degli insegnamenti che la vita quotidianamente ci fornisce, senza cercare scappatoie o scorciatoie che, inevitabilmente, ci porterebbero lentamente alla distruzione dell’io fisico e morale. Non tutti ci riescono, ma credo di aver avuto la fortuna di essere stato uno di quelli che i grandi problemi della vita lo abbiano migliorato, anziché annientarlo. La morte dei miei genitori, nel periodo dell’adolescenza, dai 14 anni (mio padre) ai 16 anni (mia madre), mi ha certamente segnato. Ma non ho mai perduto la fiducia in Dio, in quel Dio che, sono certo, al termine dei miei giorni mi ripagherà di tutto quello che mi è stato tolto. Non sono forse i misteri della vita e della morte, i più grandi interrogativi di noi uomini? Tutto il resto è relativo, e chi non fa i conti con queste due realtà, è destinato, prima o poi, a soccombere.
Parlaci del tuo ultimo lavoro Sottilissimi granelli di sabbia.
Sottilissimi granelli di sabbia è una raccolta di racconti, otto per la precisione, che abbraccia un periodo di vita abbastanza lungo; il primo racconto, infatti, che dà il titolo al libro, è stato scritto nel 1997, in uno dei periodi più bui della mia vita, che stranamente non coincide con quello della morte dei miei genitori. Ci vorrebbe altro che un’intervista per poter spiegare tutto ciò. Quindi andiamo avanti. L’ultimo racconto, “Cent’anni per tutti”, è stato scritto un paio di mesi prima della pubblicazione del libro. Credo che il mio modo di raccontare, e farlo nel genere horror, sia però diverso da quello dei canoni tradizionali. Nel senso che il mio è un horror più “psicologico”, intimo, volto a scandagliare l’animo umano nelle sue pieghe più nascoste. Ecco così che lo scorrere inesorabile del tempo, la paura della morte, la “paura” di avere “paura”, sono i fili conduttori che si srotolano attraverso gli otto racconti. Certo non è un horror “splatter”; difficilmente nei miei racconti troverete corpi straziati e sangue ad imbrattare pareti. Almeno non per adesso… E in mezzo? In mezzo ci sono altri sei racconti, nei quali altri fili invisibili si intrecciano con quelli sopra descritti. I nostri desideri più intimi che si realizzano (è un bene, o un male?), il voler dominare sugli altri, fuggire dalle nostre “magagne” più intime, ne sono soltanto alcuni. Troverete molto di me, nelle pagine del mio libro, come molto di me, credo, sto manifestando adesso in queste righe.
Editori e scrittori esordienti. Sgomitare porta sempre a dei risultati.
È molto difficile farsi conosce e divulgare le proprie opere. In un mondo dove tutti urlano non è facile farsi ascoltare, se non urli più degli altri. Bene, io non sono così. Urlare e sgomitare non fa parte del mio modo di essere. E quindi? Che fare? Si cerca di farsi conoscere dapprima nella cerchia degli amici e dei conoscenti, si cerca di usare i media senza strafare, si partecipa a qualche concorso. Ecco, credo che questa sia la visibilità migliore che alla lunga, se sei bravo, porta a dei risultati: sottoporre i propri lavori al giudizio di giurie di concorsi seri. E poi l’aiuto del proprio editore è importante. Non si può essere lasciati soli.
In questo momento sto ascoltando Song X di Neil Young… tu ascolti mai musica quando scrivi?
Spesso, ma non sempre. Generalmente il fatto o no di ascoltare musica dipende dal mio stato d’animo e da come mi accingo a scrivere. Alcune volte è tanto l’impeto di “prendere la penna in mano…” (ovviamente questa frase è del tutto errata. Riproviamo.) Alcune volte è tanto l’impeto di “avviare Word e pigiare sulle lettere della tastiera…” (così va meglio), che non c’è bisogno di null’altro. Altre invece si sente il bisogno di isolarsi da tutto il resto. Nella speciale classifica della musica “da scrivere”, il primo posto spetta certamente ai Goblin (come poteva essere diversamente?), mitico gruppo di tante colonne sonore di Dario Argento. Qui ancora i Profondo Rosso, Suspiria, Keith Emerson con Inferno, sono i miei più gettonati. Dite quello che volete, ma quando ho bisogno di rilassarmi… io ascolto Profondo rosso. Spesso comunque mi fanno anche compagnia Michael Jackson e sua sorella Janet, gli Enigma, e un po’ tutta la musica degli anni ’80, alla quale sono legato per via degli anni dell’adolescenza vissuti in quel periodo. A proposito… un racconto del libro, “Mi ami?” è partito da una canzone di Raf (mi sembra che si chiamasse “Il canto”). Un uomo alla ricerca della sua donna per le vie della città. Riuscirà a trovarla?
Progetti per il futuro… letterari e non solo.
Carne al fuoco ce n’è tanta, fin troppa. L’importante però credo che sia non cucinarla tutta in una volta, perché si rischierebbe seriamente di bruciarla tutta. Attualmente sto cercando di concludere il mio primo romanzo, ovviamente dai connotati horror, ma che fondamentalmente si sviluppa sulla base di una storia d’amore tra una impiegata in una lavanderia e un fantasma… ci vorrà ancora del tempo, ma prima o poi ce la farò. Scrivere un romanzo è tutt’altra cosa rispetto al racconto. Così come tutt’altra cosa è scrivere una sceneggiatura per un film di un’ora e mezza rispetto ad un corto. Non che il secondo sia più semplice, affatto, ma perché realizzare un lungo richiede risorse economiche ed una organizzazione che al momento non possediamo. Qualche lungo nel cassetto c’è già… non si sa mai… Con Francesco, poi, stiamo organizzando le serate per il Mediterraneo Festival Corto, che si svolgerà qui a Diamante il 4 e 5 Settembre, e stiamo cercando di continuare a scrivere qualche sceneggiatura per poterla realizzare nei mesi futuri.
Un saluto a Gli amanti dei libri.
Ringrazio tutti coloro che hanno pazientemente letto ciò che il caro amico Martino Ciano ha avuto l’abilità di tirarmi fuori. E ringrazio soprattutto quelli che, se lo vorranno, leggeranno i miei racconti. Perché, vedete, un libro non letto è come una spiaggia senza ombrelloni, un mare senza delfini, un cielo senza rondini. A presto.