A tu per tu con… Fabrizio Tassi

Si è da poco conclusa la prima edizione del “Tabù Festival – Chi ha paura della morte”, un festival che ha unito riflessione e spettacolo, incontri, dibattiti e varie forme d’arte, dal cinema al teatro, dalla musica alla danza  per affrontare un tema non facile, ma indubbiamente tabù per eccellenza dei nostri tempi: la morte.

Per dieci giorni, dal 25 ottobre al 3 novembre, la cittadina viscontea di Abbiategrasso e altri comuni del territorio nell’area Milano Sud-Ovest come Magenta, Cassinetta di Lugagnano, Morimondo, Robecco sul Naviglio, hanno respirato cultura a pieni polmoni, offrendo in cambio location spettacolari e luoghi storici fra i più belli della Provincia di Milano.

Tanti e di alto livello gli ospiti: Vito Mancuso e Moni Ovadia, il maestro Salvatore Accardo e Pippo Delbono, ma anche Edoardo Albinati, Mina Welby e Beppino Englaro e rappresentanti del mondo religioso, cristiano e musulmano, come monsignor Luca Bressan e l’imam Yahya Sergio Pallavicini, solo per citarne qualcuno.

Direttore artistico del progetto, indubbiamente di grande ambizione ed impegno, Fabrizio Tassi.  A lui abbiamo fatto qualche domanda a qualche giorno dalla chiusura del festival.

Che bilancio si può fare di questa prima edizione del “Tabù Festival – Chi ha paura della morte –“ ? 

 Sono un po’ di parte, ma il bilancio è davvero positivo sia dal punto di vista della qualità che della quantità. Abbiamo registrato in diverse occasioni il “tutto esaurito”: per Vito Mancuso, Moni Ovadia, Flavio Oreglio e Beppino Englaro, raccogliendo una presenza numerosa anche agli appuntamenti delle 19, quelli con filosofi, scrittori, medici, rappresentanti religiosi, a prescindere dalla loro fama. Ma soprattutto va sottolineato – lo hanno detto in tanti – il livello molto alto delle riflessioni proposte dai nostri ospiti, dagli spettacoli teatrali, Arianna Scommegna e Fausto Paravidino e dai concerti, Salvatore Accardo e Teho Teardo.

Come ha risposto la provincia?  Paolo Crepet, ospite di una recente rassegna letteraria vicina per contenuti e territorialità al Tabù  Festival, esaltava la grande capacità di accogliere e la partecipazione agli eventi culturali della provincia, è d’accordo ?  

La provincia ha risposto con un entusiasmo che ha colto di sorpresa anche noi, visto che si trattava di una proposta nuova, di un festival molto intenso, con almeno due appuntamenti al giorno (nel weekend anche tre o quattro) per dieci giorni consecutivi. C’è stato qualche “buco”, qualche appuntamento poco partecipato nei giorni feriali, ma per il resto l’afflusso è stato costante, alimentato anche da spettatori provenienti da altre province e da Milano. Soprattutto ci ha colpito la qualità della partecipazione, l’attenzione, le domande, l’entusiasmo di tante persone che alla fine degli incontri venivano a ringraziarci o a parlare con i relatori. Si è creato una specie di “effetto valanga”, un crescendo, che ha determinato un’atmosfera particolare e di complicità tra protagonisti e spettatori.

Il Tabù Festival si è sicuramente distinto per la qualità degli incontri e l’alto livello degli ospiti; come è stato definito il programma e, in particolare, c’è un ospite che avreste voluto aggiungere ?

Siamo partiti da una rosa di una cinquantina di ospiti ed eventi. Poi abbiamo cercato un equilibrio tra le diverse arti, le diverse competenze, le convinzioni, i punti di vista. Abbiamo anche dovuto incrociare le varie disponibilità, perché si trattava di riunire tanti ospiti di prestigio nel giro di dieci giorni. Nell’elenco iniziale c’erano altri personaggi, ad esempio giallisti di fama e un paio di registi cinematografici molto conosciuti, che mesi prima mi avevano dato la loro disponibilità ma poi nei giorni del festival erano impegnati nelle riprese di un film; c’erano anche altri spettacoli ed eventi che però avrebbero fatto aumentare troppo il budget necessario. Direi che alla fine siamo riusciti a raggiungere il giusto equilibrio tra grandi eventi e piccoli appuntamenti interessanti. 

In questo festival si è parlato più di vita o più di morte?

Si è parlato di morte proprio per parlare di vita. Si è parlato del limite, di quanto sia importante la consapevolezza di quel limite per dare un senso a ciò che facciamo ogni giorno, ogni momento. Senza quella consapevolezza vivremmo in una specie di inganno perenne, senza l’entusiasmo del fare, provare, creare, conoscere, incontrare. E questo a prescindere da ciò in cui crediamo.

Di tutti i numerosi eventi, vuole indicarci  un momento, una riflessione, un pensiero che, a suo avviso,  meglio esprime lo spirito di questo festival ? 

 Ce ne sono due, che hanno aperto e chiuso il festival. Il primo è un suggerimento di Vito Mancuso, sulla scorta di ciò che propongono diverse filosofie e religioni: proviamo a immaginare che domani non ci saremo più; non è un pensiero felice, è vero, ma può essere un pensiero utile; proviamo a immaginare quanto diventerebbe prezioso ogni respiro, ogni bicchiere d’acqua bevuto, ogni incontro, ogni emozione: tutto acquisterebbe un’intensità mai avuta. Ecco, bisognerebbe vivere sempre così, con quell’intensità, come se questo giorno fosse l’ultimo. L’altro pensiero è di Moni Ovadia, che in chiusura di festival, dopo averci spiegato che della morte bisogna parlare in modo serio ma non serioso, ci ha detto anche che la vita ha un senso – e quindi ce l’ha anche la morte – nel momento in cui abbiamo il coraggio di lottare per la giustizia e abbiamo la capacità di vedere “dio” nel volto dell’altro, anche quando si è atei.

La morte è sicuramente il tabù per eccellenza dei nostri tempi, al punto tale da costituire, nel senso etimologico del termine, l’osceno. Avete già idee per il tabù da trattare nella prossima edizione?

Ne abbiamo diverse. Ci rifletteremo con calma, ragionando sui temi più inattuali o più abusati, perché è tabù ciò di cui non si parla, ma anche ciò di cui si sparla con superficialità per non parlarne davvero. Nei prossimi anni vorremmo affrontare la questione dell’eros – gli aspetti meno accettati e conosciuti, magari – e quello della “follia” e della malattia mentale. Vorremmo parlare di fede e ateismo, ma anche di politica e antipolitica. Abbiamo tante idee. Aspettate e vedrete…

Aspetteremo con curiosità, segnandoci l’appuntamento per il prossimo anno. Per il momento non ci resta che ringraziare Fabrizio Tassi per la disponibilità e la bella occasione offertaci con il Tabù Festival.

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