Durante il Salone del Libro abbiamo incontrato Eliselle, autrice di “Amori a tempo determinato” edito da Sperling & Kupfer. Le abbiamo fatto molte domande sul suo libro, sulla sua vita e sull’amore, ecco cosa ci ha risposto.
I personaggi del suo romanzo sono molto ben caratterizzati: la romantica Linda, la cinica Miranda, il passionale Michel, il tenebroso Alex…quale le assomiglia di più?
Non c’è un personaggio in particolare in cui mi riconosco del tutto, direi che sono un mix tra Linda e Miranda. Ho senz’altro una nota romantica che però nell’incontro-scontro con il mondo ha acquisto qualche accento più realistico e, in qualche caso, cinico: condivido molti aspetti con entrambe. Certo, alcuni comportamenti sono estremizzati, ma ho tratto ispirazione da personaggi veri, che hanno un riscontro reale: ognuno di loro ha una visione del mondo e dell’amore e credo che ciascuno di noi abbia attraversato prima o poi una fase in cui può riconoscersi.
Tutti i personaggi del libro si pongono una domanda e cercano la loro personalissima risposta. Giriamo la domanda a lei: cos’è per lei l’amore?
Questa è davvero un’ottima domanda! Credo che amare sia la capacità di ascoltare e rispettare l’altro senza perdere la propria identità. È importante avere una personalità propria e trovare un incastro con l’altro, senza snaturarsi. Se dovessi proprio scegliere una definizione direi che è “incontrare l’altro senza perdere sé stessi”. L’importante è non accontentarsi, mai. Cercare l’incastro giusto, che non potrà mai essere perfetto perché ciascuno di noi ha i propri angoli, ma mantenendo la consapevolezza che la ricerca e la scelta di qualcuno non potrà mai cancellare sé stessi. Spesso questo può accadere da giovani, ma dopo essere cresciuti e aver preso coscienza della propria identità non è più accettabile.
I personaggi del romanzo si trovano ad affrontare una precarietà che non è solo lavorativa, ma anche affettiva: come vive personalmente questa condizione dei trenta-quarantenni di oggi?
Sono stata precaria per anni: ho sempre avuto qualche lavoro, sia durante l’università che dopo la laurea, ma la stabilità lavorativa l’ho avuta soltanto nella libreria in cui lavoro. Da precaria non puoi fare progetti di nessun tipo, né a breve né tantomeno a lungo termine: basta un inconveniente come dover riparare la macchina ed ecco che saltano le vacanze; si è costretti a scegliere. Devo ammettere però che la mentalità è rimasta precaria: non arrivo a programmare oltre i sei mesi e il bilancio che faccio è di anno in anno. Spesso questo si traduce nel mettere un tempo limite ai nostri sogni e questo è terribile perché i sogni non hanno data di scadenza. Con la scrittura è stato diverso, l’ho sempre vissuta come qualcosa che mi apparteneva e che avrei portato avanti. L’incapacità e l’impossibilità di programmare sono a mio parere alla base dello scollamento tra la nostra generazione e quella dei nostri genitori: la loro vita era scandita da una serie di passi -lavoro, matrimonio, figli- che erano stabiliti da una tradizione e un modo di sentire comuni, mentre ora non è più così. Certo non rimpiango le imposizioni e i condizionamenti che permeavano la società e sono grata di poter fare con mente lucida le mie scelte, anche se spesso è la vita che sceglie per te. Questo modo di sentire alimenta anche le incomprensioni uomo-donna: gli uomini sono portati a vederci e ad aspettare che ci comportiamo come le loro madri, ma siamo profondamente diverse e immerse in un mondo che non è quello degli anni cinquanta e sessanta. Lavoriamo, abbiamo una nostra vita al di fuori delle mura domestiche, partecipiamo al mondo.
Lei è molto attiva anche sul web: quali sono le differenze principali tra la comunicazione on-line e quella della carta stampata?
Trovo che gli e-book siano una invenzione grandiosa. Prima di tutto permettono di leggere ad un costo inferiore, che si traduce spesso nella possibilità di poter fare una cernita: sono moltissime le persone che leggono una moltitudine di libri in formato elettronico e poi scelgono di quali comprare il cartaceo. Nessun e-book può dare una soddisfazione pari a quella di avere il libro di carta in mano. Da libraia penso che possano essere un aiuto per la promozione della lettura e che aumentino moltissimo le possibilità di scelta. Anche chi fa parte della distribuzione “tradizionale” può ricavare nuovi spazi dall’utilizzo di queste tecnologie e del web in particolare: penso che una maggiore diffusione della cultura del libro e della conoscenza di nuove letture spesso meno pubblicizzate possa aiutare i librai indipendenti. Certo, rimane il problema delle fonti, che dovrebbero sempre essere autorevoli ma spesso sfuggono al controllo in uno spazio virtuale così vasto.
Quale pensa che sia il punto di forza del suo romanzo?
La velocità di lettura: la capacità di unire argomenti profondi alla leggerezza della lettura. La mia formazione e il modo di operare sono da storica: mi documento, appunto situazioni e conversazioni con le quali poi costruisco storie in cui chiunque si può riconoscere e può trovare consigli. Questo mi piace dello scrivere e della lettura: il libro non è più dell’autore, ma di chi lo legge e lo vive.
Quali sono i suoi autori di riferimento? L’ultimo libro letto? E quello che le ha cambiato la vita?
Ho appena finito di leggere “Le cose che non ho” di Grégoire Delacourt, un libro che mi è piaciuto moltissimo. Lavoro in libreria e sono una lettrice onnivora; cerco autori meno noti, anche per consigliare al meglio le persone che chiedono il mio aiuto nella scelta di un libro. Amo moltissimo questo lavoro e la soddisfazione più grande non è solo quando qualcuno ti chiede un aiuto sulla lettura da scegliere, ma quando tornano dopo averlo letto e ti ringraziano o semplicemente si confrontano con te. Cerco di consigliare libri fuori dai soliti binari e per avere la consapevolezza di tutto quanto posso proporre spesso leggo in pillole, mi aiuta a farmi un’idea del modo di scrivere e di saper raccontare dell’autore. Certo, a volte qualcuno mi chiede cosa comprerei io: ogni volta è una sfida e un grande piacere. Al momento sto scrivendo un romanzo storico, ma i miei gusti sono molto cambiati nel tempo e spesso mi ritrovo a rileggere libri come “Alice nel paese delle meraviglie” o “La coscienza di Zeno”, classici che hanno una diversa chiave di lettura e nuovi significati a seconda dell’età e della fase della vita in cui vengono letti. C’è un libro che ha cambiato in qualche modo la mia vita: “I pilastri della terra”, di Ken Follett: l’ho letto in tre giorni! Ero in un momento in cui dovevo decidere del mio futuro e scegliere la facoltà da frequentare. Dopo averlo letto non ho più avuto dubbi: anche io un giorno avrei scritto un libro così. Fin da piccola amavo scrivere ed essendo fermamente convinta dell’importanza delle basi mi sono iscritta al corso di laurea di Storia Medievale.
Che messaggio vuole lasciare ai nostri lettori?
Invito tutti a Festalibro, il festival di libri per bambini e ragazzi che si terrà a Sassuolo il 25 e il 26 maggio. Ci tengo moltissimo ed è bello vedere che nonostante tutto il libro “tira ancora”. Da Amante dei libri è un grandissimo piacere che una festa del libro attiri così tanta gente e penso che siano proprio l’interesse e l’amore per le cose belle la forza per continuare su questa strada.