Ospite per il terzo anno consecutivo di Festivaletteratura, Carlo Lucarelli, nelle librerie dal 6 settembre con “Giudici”, antologia di tre racconti incentrati sulla figura appunto del giudice edita da Einaudi, oltre a presentare la sua nuova opera letteraria, a Mantova ha partecipato in qualità di direttore del laboratorio di scrittura bolognese Bottega Finzioni all’incontro dal titolo “I film nel cassetto di Federico Fellini” insieme allo sceneggiatore Michele Cogo e a Paolo Fabbri, direttore della Fondazione Fellini: da alcuni soggetti scritti dal Maestro e mai prodotti, messi a disposizione dalla Fondazione ai giovani scrittori che partecipano al laboratorio, verranno ricavate delle sceneggiature di cui si valuterà in seguito la possibilità di diventare veri e propri film. Abbiamo incontrato Lucarelli al termine di questo incontro per fargli qualche domanda.
Questa non è la prima volta che partecipa a Festivaletteratura, e anche quest’anno il pubblico ha partecipato con grande entusiasmo: segno che, nonostante quello che si dice, la letteratura gode di buona salute?
Assolutamente sì, la crisi è puramente economica, ma le idee e la voglia di partecipare sono sempre le stesse: sarebbe sufficiente avere un’industria culturale più illuminata, le risorse ci sono e sono tantissime, pronte per essere sfruttate.
Ha appena debuttato come regista dirigendo il film “L’isola dell’angelo caduto”, tratto dal suo romanzo omonimo pubblicato nel 1999: che esperienza è stata?
Sicuramente un’esperienza interessante e divertente: io ero solo un piccolo tassello in un grande sistema, ero anche un esordiente, ma mi è piaciuto molto. C’è ancora la fase di montaggio da completare, e poi vedremo il prodotto finale. Dal libro al film inevitabilmente cambia qualcosa, c’è stata anche una lavorazione molto lunga dal libro alla sceneggiatura, e facendo un film bisogna sempre fare i conti con qualcosa, non ultimo i soldi: alla fine è quasi obbligatorio cambiare, ma certe volte è anche un bene.
A Mantova ha presentato il suo ultimo lavoro letterario, “Giudici”, una raccolta di tre romanzi cui partecipano anche Montalbano e Giancarlo De Cataldo. Che differenza c’è con i suoi lavori precedenti?
Innanzitutto la forma: qui è pura narrazione, l’attenzione si concentra sulla figura di un giudice ma è una storia inventata. Siamo partiti da un presupposto comune che era quello di parlare della figura di un giudice, e poi ognuno ha declinato l’argomento secondo il suo stile e la sua sensibilità: nei libri precedenti ho fatto più un lavoro quasi di saggistica, raccontavo storie vere, qui è tutta un’altra cosa.
Ringraziamo Carlo Lucarelli per la sua cortesia e disponibilità.