A tu per tu con…Andrea Vitali

Il mondo descritto da Andrea Vitali ci è familiare, ci riporta alle letture di Piero Chiara, ai riferimenti topografici e simbolici dei laghi lombardi. Risiede infatti a Bellano, sul lago di Como, dove esercita la professione di medico di basenei suoi libri riesce in modo molto efficace a trasferire l’atmosfera di questi luoghi e dei personaggi che li popolavano.

Sono molto incuriosita dal sapere come un paese di provincia e di lago come Bellano è diventato un luogo letterario.

I miei libri non l’hanno trasformato:  l’ho descritto come lo vedo nei ricordi della mia infanzia e gioventù, quando era più vivo e probabilmente in effetti più consono all’immaginazione letteraria. Sono sempre coinvolto dai luoghi che trovo descritti nei libri, come credo avvenga a molti lettori, per esempio con la Ferrara di Bassani o la Liguria di Orengo. Di quest’ultimo mi affascina  sentire come è riuscito a trasferire sulla pagina per esempio il profumo della lavanda, il sapore di un vino come il Rossese o il gusto di un certo piatto. C’è vita nelle sue storie perché ha reso partecipe il lettore del suo luogo. Ora anche Bellano è diventato meta di lettori  incuriositi e ciò non può che farmi piacere.

Altro aspetto molto interessante, che ho riscontrato in modo particolare leggendo “Zia Antonia sapeva di menta”, è il paragone che lei riesce a fare in modo molto divertente tra le persone e gli animali. Il suo lavoro di medico in questo senso è fonte d’ispirazione?

Innanzitutto occorre dire che per un medico è un dovere professionale osservare. Nel mio ambulatorio non ho strumentazione specifica, ma  lingua orecchi e occhi. La semeiotica ci ha insegnato l’osservazione dei dettagli che aiutano ad indirizzare il percorso terapeutico. Poi sono stato sempre molto affascinato dalla fisiognomica, di cui ricordo disegni di uomini di profilo assimilati all’animale, così spesso mi viene spontaneo fare paragoni con le persone, che per ovvie ragioni tengo per me. Per esempio mi capita di notare come i padroni siano simili al loro cane: si crea una simbiosi incredibile a volte. Per quanto riguarda la suora di Zia Antonia ho fatto riferimento sia alle mie origini contadine, sia ad una suora che ho conosciuto facendo il medico di una casa di riposo. Sapeva fare diagnosi spesso azzeccate sulla base dell’ esperienza e aveva le maniche tirate su estate e inverno. Da queste suggestioni è uscito il personaggio: una superiora con trascorsi campagnoli che non poteva far a meno di assimilare le persone agli animali che ricordava.

Con il suo nuovo libro, “Un bel sogno d’amore”, dopo alcune incursioni negli anni Trenta e Quaranta, si torna negli anni Settanta, e l’azione si muove attorno alla proiezione di un film scandalo “Ultimo tango a Parigi”. Ci parli di questa nuova storia.

Desideravo parlare di cinema, perché era un luogo mitico per noi che negli anni settanta eravamo adolescenti. Era il passatempo della domenica. Mi piacerebbe davvero poter risentire quell’ odore misto di chewing gum e linoleum che c’era allora nelle sale!  Poi quando uscivano i film vietati naturalmente si cercava di arruffianarsi il venditore di biglietti… Con questo libro ho utilizzato  quanto era accaduto realmente a Bellano con l’arrivo del “Dottor Zivago”, proiettato 5 o 6 volte con aumento del prezzo d’entrata, per unirlo a qualcosa che creasse scandalo e diverbio. L’ “Ultimo tango” mi serviva anche affinchè la protagonista lo usasse come grimaldello per decidere chi dei due sposare tra il bravo ragazzo Alfredo con poca fantasia o l’altro, l’Ernesto, decisamente poco adatto a essere buon marito e buon padre. Qui entra in gioco la mia formazione femminile:  un’infanzia vissuta con  tre zie zitelle ha fatto sì che in maniera più o meno conscia io abbia interiorizzato il  sentire femminile della vita: l’uomo propone e la donna dispone.

Come mai ha deciso di accantonare le presentazioni tradizionali di libri e di mettere in scena un autentico spettacolo con il gruppo “Sulutumana”(che per chi non conosce il dialetto lombardo significa sul divano ndr) ?

La trovo una scelta doverosa nei confronti del pubblico, perchè presentare un libro può talvolta risultare molto noioso per il pubblico. Questo sistema ormai collaudato (son dieci anni che va in scena) garantisce l’attenzione in quanto il racconto non è mai molto lungo ed è interrotto dalla musica.  C’è una dinamica che diverte e secondo me questa è la nostra missione. Si vuol trasmettere un’atmosfera, una suggestione, che poi gli spettatori possono ritrovare nei libri e nei dischi.  

Lei fa parte della giuria del Premio Chiara e ne presenterà la manifestazione finale. Qual è il suo rapporto con i premi letterari?

I premi letterari per come li affronto io sono molto divertenti, perché sono contento comunque, sia che li vinca o che li perda. Sono una bella avventura che non può che finire bene, non mi cambiano certo la vita: alla bella età di 57 anni la mia esistenza viaggia su binari sicuri e mi piace così com’è. La mia esperienza di grossi premi riguarda Strega o Campiello ed essere arrivato in finale è stata già una soddisfazione. La cosa importante per me è continuare a coltivare la passione per la scrittura: è questo che dà senso alla mia vita. Il successo deve essere una conseguenza del lavoro, che ti premia da sé quando sei contento di ciò che hai scritto e trovi qualcuno che lo apprezza.

Ci descriva con qualche episodio il suo rapporto con la lettura.

Con la lettura ho un rapporto quotidiano e la mia passione è scattata da bambino leggendo Guareschi. La cosa bellissima che ricordo era cominciare a percepire il sonno con i disegni a china stampati sul libro che pian piano si offuscavano sotto la luce a funghetto. Un altro episodio che mi piace raccontare è che avevo una coppia di pazienti anziani che vivevano in una casa stupenda sul lago e volendo farmi un regalo mi donarono la loro collezione di cinquanta classici della UTET, fuori commercio, stampati su una carta pregiata, che ai figli non interessavano .Ora sono nella mia libreria: un dono davvero meraviglioso e unico grazie al quale ho potuto fare letture inconsuete. Ultimamente poi mi piace scoprire autori poco noti come la coppia di giallisti svedesi  Maj Sjöwall e Per Wahlöö, davvero notevoli, oppure “perdermi” tra le pagine degli autori orientali contemporanei.

Milanese di nascita, ha vissuto nel Varesotto per poi trasferirsi a Domodossola. Insegnante di lettura e scrittura non smette mai di studiare i classici, ma ama farsi sorprendere da libri e autori sempre nuovi.

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