IlLibraio.it, il successo di parlare di libri in rete

Nato con Leo Longanesi(gruppo Longanesi, poi gruppo GeMS) il 1 gennaio 1946 – sotto forma di rivista mensile di informazione bibliografica – “Il Libraio” è oggi un sito web punto di riferimento per un pubblico composto da lettori, autori e librai che vuole rimanere costantemente informato su tutto ciò che avviene nel panorama culturale nazionale e non solo. Con notizie, recensioni, interviste, citazioni e giochi, ilLibraio.it soddisfa i gusti e le aspettative di tutti coloro che sono appassionati dell’universo editoriale e libraio.
Noi de “Gli Amanti dei Libri” siamo riusciti ad intervistare Alessandro Magno, responsabile dell’area digitale del sito ilLibraio.it e del gruppo GeMS. Ecco cosa ci ha detto.
Il riscontro che “Il Libraio” ha avuto online e sui social è stato molto positivo, in particolare nell’ultimo anno. Quale pensi sia la chiave del vostro successo e quale importanza ha la relazione con gli utenti dei social network per parlare di libri?
La chiave principale del nostro successo è stata la decisione, secondo me forte, di aprirci ai libri degli altri: abbiamo scelto di prendere questa strada perchè gli utenti non leggono solo libri GeMS o solo libri Mondadori o RCS ecc, ma gli appassionati di libri leggono testi di vari gruppi editoriali, grandi e piccoli editori. Seguendo questa linea quest’anno, ad esempio, abbiamo avuto le interviste di tutti i principali protagonisti del mondo editoriale: dall’amministratore delegato di RCS a quello di Mondadori, piuttosto che scrittori da Saviano, a Erri De Luca, a Andrea De Carlo e altri. Questa decisione è stata determinante per stabilire e trainare poi tutto il progetto de “Il Librario”, perchè da essa è dipesa poi la scelta di assumere come web content manager il giornalista indipendente Antonio Prudenzano e tutta una serie di altri collaboratori che hanno una grandissima libertà all’interno del nostro sito. La cosa curiosa è che ci siamo resi poi conto che andando a rivedere la storia de “Il Libraio”, questa scelta di aprirsi anche agli altri editori e competitors era già stata fatta nel 1946 dallo stesso fondatore Leo Longanesi; quindi, se vogliamo, siamo in un certo qual senso ritornati alle origini. In breve il successo del nostro sito online è proprio dato dal fatto che abbiamo capito che è necessario pubblicare e dare spazio ai libri rilevanti, siano essi pubblicati da noi o da competitors, non essere autoreferenziali ma aprirsi anche agli altri.
Quali sono le strategie per sviluppare un sito online di cultura che emerga nel mare magnum di Internet, per l’esperienza del Libraio? Su cosa avete puntato?
Diciamo che tutto parte dalla decisione di cui ho parlato, cioè quella di non essere autoreferenziali ma di andare a parlare di tutto ciò che può interessare all’utente. Questa è una condizione necessaria ma non sufficiente: quello che veramente distingue e determina il successo di un sito online sono soprattutto gli investimenti tecnologici e umani(sia redazionali che tecnologici). C’è anche da aggiungere però che i grandi quotidiani hanno un po’ abbandonato l’online per quanto riguarda la cultura e i libri e si è quindi creato uno spazio per lo sviluppo di tutta una serie di siti che si interessano di cultura. Il problema è che la scelta dei grandi quotidiani di voler andare a raggiungere un pubblico molto ampio potrebbe rivelarsi sbagliata commercialmente perchè dal punto di vista del mercato se sei un quotidiano come “Il Corriere”, “Repubblica”, “La Stampa”, hai un costo contatto di un certo tipo – per intenderci la pubblicità che viene comprata dagli inserzionisti – perchè ti leggono persone con un profilo socioculturale piuttosto alto. Se invece tu quotidiano online hai una strategia da questo punto di vista diversa, cioè cerchi di seguire un numero enorme di utenti non tutti necessariamente con un profilo sociale alto, viene diluita la tua identità quindi il tuo CPM(Cost per mille) scende. Mi sembra quindi una scelta commercialmente sbagliata. All’estero un giornale come il “Financial Times” invece va bene – la sua quota di maggioranza è stata venduta per una cifra 884 milioni di sterline(1,2 miliardi di euro) – perchè ha dei contenuti che trovi solo lì, lo leggono decision maker mondiali nell’ambito dell’economia e della finanza e quindi ha un costo contatto altissimo. In Italia certo manca la tradizione del quotidiano popolare e di qualità come il “Sun” o il “Daily Mirror”, però se online si va alla pancia e si trascura la cultura o comunque contenuti un po’ più alti si fa una doppia operazione negativa, una culturale ma sicuramente anche una economica.
Informazione culturale online vs informazione culturale cartacea. Quale pensi avrà la meglio nel lungo termine? E’ diverso parlare di libri online e offline? In cosa si differenzia?
Su quale avrà la meglio nessuno ha la certezza: ricordo ad esempio la dichiarazione che il proprietario del “New York Times” fece qualche anno fa in cui disse che probabilmente l’ultima copia del suo giornale sarebbe stata stampata nel 2012 perchè sarebbe passato poi tutto sull’online; non è andata così sebbene sia innegabile che buona parte dell’informazione sia ormai migrata sulla rete. L’online è quindi ormai una realtà importantissima, destinata a rimanere e a consolidarsi anche se, al tempo stesso, non do per scontato che il cartaceo, sia pure con un ruolo diverso e minore rispetto a quello che aveva 50’anni fa, rimanga comunque presente nel mondo dell’informazione. Per quanto riguarda la cultura e i libri invece il discorso è diverso: in mercati evoluti come quello americano, il digitale è sicuramente uno strumento di diffusione della cultura importante ma lì rimane ancora più importante il cartaceo e non si vede che di qui a qualche anno l’oggetto libro sparirà anche perchè esso ha una connotazione emotiva molto significativa nonostante la presenza forte dell’e-book, il quale però non sarà ancora per parecchio tempo in grado di superare la vendita dei libri. Rispetto all’aspetto dell’informazione sono importanti sia i quotidiani che i siti online anche se, con l’avvento e l’ormai esponenziale crescita dei social media, le persone si informano, conoscono nuove uscite di libri, consigliano eventi culturali e arricchiscono le loro conoscenze in materia artistico-letteraria soprattutto tramite la rete.
Oggi si ha una percezione molto forte di una crisi del mondo dell’editoria e di un calo rilevante di cittadini lettori(in particolare in Italia). Quali pensi possano essere delle soluzioni per affrontare questa problematica?
Per quanto riguarda la crisi dell’editoria va prima di tutto fatta una puntualizzazione: da molti anni l’Italia attraversa un momento di recessione – in particolare la grande crisi del 2007/2008 – che nel nostro settore è stato particolarmente sentito. Questo è un aspetto importante perchè se un paese è in recessione e si devono tagliare i consumi, si tagliano anche quelli dei libri(basti pensare che sono stati tagliati in primis i consumi dei beni primari). Quello che bisogna quindi capire è quanto questa cristi dell’editoria sia legata ad una crisi effettiva del sistema libraio in se e per se e quanto invece sia legata a questa recessione economica che c’è stata. In questo momento fortunatamente a livello macroeconomico si vedono dei segnali di ripresa che certamente non significa che si tornerà subito ai livelli pre-crisi(per quelli ci vorrà molto tempo) però nei prossimi mesi vedremo se, il fatto che l’Italia smetta di calare e inizi lievemente a ricrescere, porterà un miglioramento anche nel settore dei libri. Questa analisi è poi indipendente dallo storico basso indice di lettura degli italiani che c’è sempre stato ed è consolidato. Personalmente poi mi piacerebbe che si facesse di più a livello istituzionale e anche di servizio pubblico della televisione e dei media per valorizzare la lettura, oltre che per comunicare ai non lettori o agli ex lettori i benefici dei libri e la felicità che essi portano. Questo perchè se è vero che c’è una correlazione fra le civiltà che leggono tanti libri e quelle che sono culturalmente, tecnologicamente e socialmente più sviluppate vuol dire che per quanto riguarda la nostra c’è ancora del lavoro da fare.

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