
Casa Editrice: Minimum fax editore
Pagine: 404
In occasione della pubblicazione per Minimum Fax di “Senza Filtro. Chi controlla l’informazione” abbiamo avuto il piacere di incontrare Alessandro Gazoia durante il Salone del Libro per discutere delle nuove frontiere della comunicazione e molto altro.
Quali sono stati i momenti di cambiamento più importanti che hanno portato a dire che non ci sia più filtro nell’informazione?
Sicuramente ci siamo resi conto che le cose erano drammaticamente cambiate quando abbiamo ritrova sui social network un flusso di informazioni che non veniva più definito da una singola testata giornalistica, ma che veniva invece composto tramite un procedimento algoritmico dove a lavorare erano più fonti insieme. L’informazione non proviene più dalla singola testata editoriale ma ad oggi essa viene composta e ricomposta da tantissimi singoli elementi propri di una piattaforma come quella di Facebook che non è tradizionalmente un editore.
Quando si legge un giornale online siamo quotidianamente messi difronte alle informazioni più “leggere” della famosa terza colonna. In molti parlano di uno smarrimento dell’etica giornalistica. Lei cosa ne pensa?
Sarebbe ingiusto pensare che chi lavora nei giornali italiani e stranieri sia semplicemente cinico e non si preoccupi della valenza delle informazioni. Penso che in diverse tradizioni ci sia un differente grado di etica. Ad esempio certe tradizioni sono molto più accurate di quella italiana nel controllare le singole notizie. Quello che penso è che oggi purtroppo tutti si trovano a fare i conti con un nuovo ambiente che è il web, che non è quello pensato per il giornale tradizionale. Ad oggi si sono imposti dei modelli economici molto cambiati. Tutto ciò può condurre o alla ricerca di scorciatoie oppure anche alla stretta di compromessi che talvolta possono diventare anche inaccettabili dal punto di vista etico.
Spesso si parla del Web 2.0 come un processo altamente democratico, eppure poi ci si ritrova difronte a grandi colossi commerciali, come nel caso di Amazon o Google, in cui si evince un carattere monopolista verso i rispettivi settori. Allora cosa è oggi la democrazia online?
Le cose sono complesse e non esiste errore più grande che rifiutare la complessità.
E’ sbagliato sia buttarsi in un eccessivo entusiasmo del nuovo, sia cadere in una prospettiva apocalittica e pensare quindi che Internet abbia condotto al dominio dell’ignoranza. Secondo me bisogna avere il coraggio di vedere il panorama e cercarne di comprendere il funzionamento.
E’ chiaro che un numero sempre maggiore di persone ha accesso sia all’informazione sia al fare informazione. D’altra parte però troviamo sempre di più servizi estremamente utili tendono ad avere informazioni in monopolio. Per esempio c’è un social network generalista che è Facebook, c’è un posto dove compri che è sempre di più rappresentato Amazon, c’è un posto dove ricerchi consigli per organizzare la vacanza che è TripAdvisor. Tendono quindi ad esserci delle posizioni in monopolio, perché il monopolio è quello che ha una base enorme di utenti, li conosce sempre meglio e che quindi può proporre servizi sempre più efficaci. Questa cosa tende ad autoalimentarsi. Paradossalmente non c’è mai stata un’era come quella attuale dove vi fosse così tanta possibilità di accesso all’informazione, e anche un’epoca però dove fosse tanto forte il monopolio globale su certi beni.
Oggi spesso si parla di prosuming, attività di co-creazione, sottolineando molto le conseguenze positive, delineando un consumatore che sembra poter quasi dettare le coordinate alle aziende. In realtà però ci sono dei lati negativi che spesso si tende a sottovalutare. Non crede?
Sì, oggi spesso si tende ad enfatizzare il potere decisionale del prosumer. Questo però è solo un effetto. E’ indiscutibile che ci sia un’ampiezza enorme di scelta e che se si vuol, si può ottenere in due giorni dall’altra parte del Paese il prodotto desiderato, ma dall’altra parte enfatizzare semplicemente una era del cliente che decide non è esaustivo. Il cliente decide ma fino a un certo punto. Quello che deve essere chiaro è che la sua decisione viene contata, analizzata, messa in relazione con quelle degli altri generando valore per l’azienda.
Per quanto concerne il filtro culturale, e in questo preciso caso editoriale, esistono delle realtà come quella che noi cerchiamo di offrire, che tentano di creare un servizio di mediazione gratuito per gli utenti. Secondo lei oggi quanto è importante il ruolo dell’editore?
Bisogna dire che oggi da una parte il problema della pubblicazione è risolto. Nessuno vieta di pubblicare il tuo romanzo su Facebook. Questa cosa succedeva prima sui blog e poi in maniera ancora tecnologicamente più avanzata sulla piattaforma di Self Publishing di Amazon. Però accade anche che essere pubblicati è il nuovo essere inediti. E’ difficile essere trovati in mezzo a milioni di contenuti. E’ vero che così sono nati alcuni grandi successi soprattutto nella lettura di genere, dove c’è molto consumo di testi, ma è vero anche che proprio per via di questa esplosione di contenuti l’editore è ancora più importante perché garantisce un filtro culturale di legittimazione.
Il fatto che la comunicazione sia incontrollabile è causato da una società sempre più fluida oppure è il contrario?
Io non credo nel determinismo tecnologico.
La complessità in cui siamo oggi risulta spesso incontrollabile ma dobbiamo anche comprendere come sia cambiato il compito di supervisionare le informazioni.
Non c’è più un filtro tradizionale, che nel caso dell’informazione sarebbe stato il giornale, ma a supervisionare sono oggi le grandi piattaforme di ricerca. Quindi le cose cambiano completamente prospettiva. Su questo io tenderei a dire che tra una società dove ci sono pochissime persone in grado di comunicare, e in cui il messaggio arriva sempre dall’alto e nel basso troviamo una massa di utenti che lo riceve, e una società invece dove c’è, nonostante un maggiore rumore di fondo, più libertà e possibilità per il singolo utente di esprimersi, io voglio vedere di più l’aspetto progressivo, pur con tutte le cautele necessarie.