A tu per tu con… Albert Espinosa

Eh sì, abbiamo incontrato proprio lui: Albert Espinosa. Il famoso autore catalano ha venduto oltre un milione di copie in Spagna e ci sono tutti i sentori perchè questo fenomeno accada anche in Italia. Il suo ultimo lavoro è “Se mi chiami mollo tutto… però chiamami”, in Italia è uscito da poche settimane per Salani.

C’è una cosa che mi incuriosisce dei suoi libri: i titoli. Li sceglie lei? Cosa ci può dire al riguardo?

Si, li scelgo io. Mi piace che esprimano, trasmettano qualcosa. Mi piace l’idea che il lettore possa sentire qualcosa quando chiede il libro. Per questa ragione i miei titoli sono frasi tanto curiose come “Tutto quello che avremmo potuto essere io e se te non fossimo stati io e te” o “Se tu mi chiami mollo tutto però chiamami”. Penso che possano contribuire alla nascita di una storia d’amore tra lettori e lettrici e tra librai e libraie.

Nel suo ultimo romanzo uno dei luoghi toccati è Capri, come mai questa scelta italiana? E’ stato in quest’isola?

Perché per me ha un grande significato. A Capri ho partecipato a un festival cinematografico con il mio film “Quarto piano”. Si trattava del festival di Giffoni. Sono stato a quasi 100 festival del cinema ma continuo a pensare che quello di Giffoni sia il più bello del mondo. È un festival in cui i ragazzi sono la colonna portante dell’evento. Votano, scelgono, chiedono, vivono in quel meraviglioso paesino e ho percepito la sua forza unica. È stato allora che ho visitato Capri, e ricordo come un caprese di novant’anni mi disse che dovevo soffiare vicino alla Grotta Azzurra ed esprimere un desiderio. Quel soffio avrebbe fatto avverare il mio desiderio su un’altra isola del mondo. Mi è sembrato magnifico e ho utilizzato questo aneddoto per il mio libro. Ho sentito che quest’isola è la più magica del mondo insieme a Minorca, tra le isole che ho conosciuto, e per questo ho voluto unirle in un soffio.

Dani è portato a riflettere sulle cose della vita che contano davvero, per lei quali sono?

Riflette quel che anch’io sento. Ci sono dei punti in cui la mia vita collima con l’esperienza di Dani, quando parlo delle “perle” ovvero quelle persone speciali che ho conosciuto e che ho cercato di fare in modo che anche lui incontrasse. Sono stato malato di cancro dai 14 ai 24 anni e questa malattia mi ha portato via una gamba, un polmone e un pezzo di fegato. In quell’arco di tempo ho conosciuto delle perle meravigliose, persone che conosci e segnano la tua vita con i loro consigli. A 14 anni ho dovuto prendermi cura di un uomo anziano che non aveva nessuno al mondo e che doveva essere operato. Provai un enorme orgoglio e mi sentii immensamente onorato dal fatto che mi avesse scelto per aspettarlo fuori dalla sala operatoria. In un certo modo le perle di cui parlo nel libro le ho conosciute davvero, alcune di loro mi hanno aiutato a curare la mia dimensione spirituale, altre il corpo, ma soprattutto a capire che le loro frasi mi avrebbero aiutato in qualche momento della mia vita futura.

Con il suo libro si rivolge direttamente alla parte emozionale dei lettori, c’è un elemento tra tutti che secondo lei un lettore è bene che colga dalla sua narrazione?

Mi piace quando il personaggio parla d’amore con il protagonista. A mio avviso, ti rendi conto di essere innamorato quando perdi l’amore. Un uomo in ospedale mi diceva che la gente di norma dice: “voglio bene” e quando perde la persona oggetto del suo amore afferma ”ho amato”. Diceva che il verbo amare ammette solo la coniugazione al passato. Te ne rendi conto quando lo perdi. Credo inoltre che ogni persona ami in un modo diverso, come succede nel gioco degli scacchi. Ci sono persone che amano come torri o alfieri con mosse rapide e nette, altri amano come i cavalli: ti dicono di odiarti quando ti amano e altri ancora come i pedoni. La loro unica mossa è un passo avanti alla volta ma se amano molto possono arrivare dall’altra parte della scacchiera e trasformarsi in altri pezzi. Questa è la mia teoria.

Come mai giudica quest’ultimo libro il migliore che ha scritto? Che elementi aggiuntivi possiede rispetto ai precedenti?

Forse perché è quello che mi ha fatto sentire meglio mentre scrivevo, me lo sono goduto ogni istante. Poi è stato il libro più venduto del 2011, ma la cosa davvero importante è quanto mi sono divertito. Credo siano abbastanza simili. Per me sono tutti libri che parlano d’amore e romanzi d’avventura. Un ragazzo che si impegna al massimo per crescere quando è bambino e che anche adesso da adulto deve crescere. I momenti di tristezza e incertezza sono in realtà momenti di crescita. In quegli istanti si cambia e ci si trasforma in adulti migliori. Per me si è sempre trattato di un libro in cui una persona, attraverso le proprie radici, la propria infanzia e la propria adolescenza, vuole crescere e trasformarsi un adulto migliore. Se curi le radici alla fine il tronco ne sarà rinforzato.

Che cosa rappresenta per lei la scrittura? E’ possibile vivere facendo gli scrittori al giorno d’oggi? Com’è la situazione in Spagna?

Mi piace scrivere, fa parte della mia vita. Amo molto anche il cinema, il teatro la televisione e i romanzi. È una passione  inestinguibile.

Sì, è possibile vivere facendo gli scrittori, nel mio caso inoltre si tratta di 4,7 vite. Sono stato malato per 10 anni e in ospedale avevamo fatto un patto  per trasformare la morte in vita. La mia vita ha molto a che vedere con il patto che avevamo fatto in ospedale per trasformare la morte in vita. A 14 anni provai la sensazione che era possibile trasformare la morte in vita se ce la spartivamo tra di noi. Quindi in quei 10 anni da ricoverato mi sono toccate in sorte 3,7 vite oltre la mia. Vivo quindi 4,7 vite e per questo ho sempre la sensazione che ci siamo divisi quelle vite per moltiplicarle dentro di noi. Quando scrivo ho la sensazione di vivere 4,7 vite: le aspirazioni, i sogni di quelle persone che porto dentro di me. Ho sempre vissuto con il consiglio di un uomo di 93 anni che conobbi in ospedale e mi disse: morire non è triste, triste e non vivere intensamente. Quella frase mi accompagna sempre. Difficile, ma ne usciremo. Non ho dubbi in proposito.

In una sua intervista ha dichiarato “La gente quiere abrazos y besos, y eso me gusta”.  Come mai fa questa affermazione? Non ha l’impressione invece che la gente sia affascinata dal crimine in tutte le sue versioni (libri, dvd…)?

Io parlavo dell’affetto che in Spagna la gente mi dimostra. Mi abbracciano, mi baciano e questa cosa mi piace. Che le persone ti diano affetto è bellissimo.

Che messaggio vorrebbe mandare ai lettori che leggeranno questa intervista?

Tempo fa ho ascoltato una frase che ho messo all’inizio del mio libro e la frase diceva: quando credi di avere tutte le risposte, arriva l’universo e ti cambia le domande. È stato questo per me il motore della storia che racconto. Penso che la vita sia proprio questo, che le domande vengano cambiate in corso d’opera e da lì la necessità di trovare nuove risposte. E non bisogna smettere mai di cercare le risposte che ci appartengono.

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Riccardo Barbagallo

Lavoro da qualche anno nell'editoria, mi occupo di comunicazione per editori e autori e sono un digital addicted. Al contrario di altri, non mi posso definire un lettore da sempre, 'La coscienza di Zeno' in prima media è stato un trauma troppo forte da superare per proseguire serenamente la relazione con la lettura. Più avanti ho deciso di leggere un libro per piacere, e non per obbligo, ed è stato lì che ho capito quale sia la vera forza della lettura: la capacità di emozionare. Credo che sia questo il segreto, se così possiamo definirlo. Non ho più smesso.

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